Fratelli d’Italia si infuria contro la pastasciutta antifascista: ecco la pasta che ti tormenta pure in vacanza, secondo il senatore autonomista Balilla migliore alternativa

Fratelli d’Italia si infuria contro la pastasciutta antifascista: ecco la pasta che ti tormenta pure in vacanza, secondo il senatore autonomista Balilla migliore alternativa

Ah, l’estate è ufficialmente la stagione delle polemiche inutili, delle crociate su principi sacri quanto controversi, e della riscoperta appassionata di valori storici con ogni sfumatura di sarcasmo politico. In Nago-Torbole, l’Anpi si sta facendo bella (anzi, brutta) accusando il Comune: «Hanno vietato di suonare Bella ciao». Ma, naturalmente, il sindaco Gianni Morandi — non quello vero, per fortuna — corregge i malintesi con l’eleganza di chi spegne un piccolo incendio su un’isola di paglia: «Il canto era previsto, ma c’è stato un malinteso». La vicesindaca e organizzatrice Sara Balduzzi si dice amaramente delusa per non essere stata coinvolta prima dello tsunami mediatico. E come darle torto? Nulla come l’angoscia di vedere la propria buona volontà strumentalizzata in pubblico.

Ma non è solo qui che si accende la miccia antifascista estiva. Nel magico mondo delle battaglie su piatti di pasta e cori di guerra, un altro episodio degno di nota arriva dalle valli del Trentino. Al Comune di Ville di Fiemme, dove ogni anno si celebra la «pastasciutta antifascista» in memoria del 25 luglio 1943 (quando il Duce cadde e i fratelli Cervi offrirono la pasta gratis al popolo prima del loro tragico destino), il deputato di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì decide di salire sul carro del sarcasmo, scagliandosi con piglio da influencer contro questa “insana” tradizione.

Il suo post sui social è un capolavoro di contraddizione e litigiosità da cortile: «Val di Fiemme? Monti, boschi, architetture rurali splendide, passeggiate? No!! In realtà, il Comune e la Pro Loco ti rifilano la “pastasciutta antifascista” anche in vacanza». Insomma, stai tranquillo che la democrazia ti segue anche in ferie. Il tutto condito con un inappuntabile giudizio di marketing fallimentare e una bacchettata finale al sindaco Paride Gianmoena, al quale, evidentemente, Urzì consiglia vivamente di ripassare il concetto di “equilibrio”. Adieu, equilibrio!

Il festival delle polemiche: quando il passato diventa un campo di battaglia estivo

Così ci ritroviamo in un’epoca in cui celebrare la memoria della Resistenza significa accendere dibattiti da salotto borderline e trasformare canti emblematici come Bella ciao in simboli da contendere a suon di tweet e comunicati stampa. Ma come sempre accade, null’altro è più divertente di una polemica politico-culturale dagli echi ridicoli, dove i protagonisti sembrano più interessati a spartirsi le quote di indignazione piuttosto che a onorare davvero la storia.

Gianni Morandi si difende coi guanti bianchi, dichiarando:

“Non abbiamo vietato nulla. Il programma prevedeva il canto, ma un malinteso ha causato questa confusione.”

Ma chi è davvero che suona, e dove, resta un mistero degno di un copione teatrale mal riuscito. Nel frattempo, l’Anpi dell’Alto Garda insiste che la melodia della libertà sarebbe stata censurata, trasformando una semplice celebrazione in una battaglia ideologica degna di un film epico di serie B.

Parliamo poi della «pastasciutta antifascista», evento più politico che culinario, che dal 25 luglio 1943 ricorda quell’ultimo buffet della dittatura di Mussolini prima di essere rovesciato. Un rito, certo, ma anche un’arma impropria nelle mani di chi confonde propaganda e tradizione. L’attacco di Urzì non poteva mancare: come in un brillante episodio di satira involontaria, si lamenta del fatto che il Comune trasformi la valle in una cucina popolare del buonismo resistenziale — un’ossessione, anzi, una campagna di marketing disastrosa.

E fanno pure il sindaco e il presidente del Consiglio delle autonomie responsabili di un’assenza totale di “equilibrio”. Forse anche Paride Gianmoena sta aspettando che qualcuno gli spieghi cosa significhi davvero? Ma, chissà, forse per certe anime la pasta è sempre un motivo di guerra, anche in vacanza.

Insomma, quest’estate se hai voglia di goderti una pennichella al sole, meglio evitare il Garda e la Val di Fiemme. Tra resistenza, pastasciutte scandalose, canti proibiti e polemiche che si moltiplicano come funghi velenosi, ti ritroverai invischiato in un teatrino senza fine, dove la memoria storica è solo un pretesto per un gioco di buffoni a cui noi, volenti o nolenti, assistiamo ogni anno.

Spagnolli replica con una serenità degna di un tribunale storico:

«Non è un’ossessione. È memoria. È storia. È il ricordo dei sette fratelli Cervi: in val di Fiemme come in tutta Italia la loro tragedia e il loro coraggio continuano a vivere».

E aggiunge, per coloro che ancora credono di poter riscrivere i manuali di storia con un pennarello cancellabile:

«Urzì se ne faccia una ragione, non sarà certo lui a riscrivere la storia o a cancellare la memoria di chi ha sacrificato la vita per la libertà. L’unica cosa da fare è inchinarsi con rispetto».

Il “Bella ciao” che non si sente e le scuse che arrivano

Nel meraviglioso mondo del politically correct a scatola chiusa, la scena del “Bella ciao” mancato ha catalizzato tutta l’attenzione di chi, ovviamente, non ha fatto altro che ricordare che nessuno – a parte l’Anpi – abbia mai avuto il coraggio di nominare apertamente i partigiani durante l’evento. Pare che la parola fascismo sia stata così tabù che nemmeno un suono l’ha osata lambire.

ANPI quindi puntualizza come nessuno abbia mai tirato fuori la frase magica: che il regime fascista italiano fu “artefice e collaborazionista” di ogni strage durante l’occupazione straniera. E i canti proposti? Oh, erano così lontani dal vero spirito della resistenza che avrebbero fatto imbarazzo persino ai comici del cabaret più improbabile.

Eppure, qualcuno deve essere rimasto colto da amnesia: l’evento era stato pianificato addirittura dalla vicesindaca, che aveva ricevuto l’ok dall’Anpi. Ma, come è noto, nei grandi rituali commemorativi anche un piccolo malinteso organizzativo può trasformare un “Bella ciao” in un silenzio sgradevole.

Balduzzi, la vicesindaca, si affretta a spiegare:

«La giornata, carica di significato e preparata con attenzione in ogni suo dettaglio, è stata purtroppo segnata da un malinteso organizzativo che ha impedito l’esecuzione del canto “Bella ciao” nel momento previsto».

E, con la solita grazia istituzionale, si affatica a scusarsi con i fedelissimi dell’Anpi e con quanti avevano il cruccio di sentire finalmente il tormentone simbolo della resistenza, riflettendo su quanto sarebbe stato elegante un semplice avviso prima di alzare bandiera bianca e lasciare l’evento.

Ribadisce a gran voce, come se fosse un mantra salvifico:

«Nessuno ha mai ordinato di escludere “Bella ciao”, una canzone di tutti. Anzi, avevo garantito il suo inserimento anche il giorno prima al presidente Anpi».

Peccato che la realtà, come spesso accade nel teatro delle commemorazioni italiane, abbia deciso di fare il suo ingresso a mani nude e senza microfono.

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