Che novità! Finalmente il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ha deciso di abbandonare quel fastidioso capriccio di scegliere da solo i coordinatori regionali. Ora, grazie a una magnifica rivoluzione democratica, saranno i territori stessi a eleggerli, perché si sa, la base che conta davvero non può essere ignorata. In una letterina – elegante come sempre – inviata ai consiglieri nazionali proprio prima della riunione di oggi, Tajani ha illustrato questo brillante “nuovo statuto” destinato a farci sognare: più coinvolgimento, più apertura e, naturalmente, più politica partecipativa. Un trionfo della democrazia interna, o almeno così ci vogliono far credere.
Tra l’altro, questa riforma è la benedizione della gloriosa famiglia Berlusconi, sempre molto attenta alle dinamiche interne, che da tempo spingeva per cambiare marcia e far respirare aria nuova alle polverose prassi del partito. Si punta al “rafforzamento del carattere collegiale delle decisioni”, una formula magica che tradotta significa: lasciamo scegliere le persone agli iscritti, così sembrerà tutto più serio e rinnovato. La classe dirigente, quella sì, avrà la grande opportunità di cambiarsi un po’, ma guai a strafare.
Naturalmente, nemmeno questo cambiamento piace a tutti dentro Forza Italia, ma Tajani, immancabile, oggi all’assemblea cercherà di spillare un voto unanime, senza ammettere repliche. Insieme al sistema di elezione dei coordinatori periferici, ecco altre “novità” davvero imperdibili: se sei stato tesserato anche solo una volta negli ultimi cinque anni, potrai esercitare il diritto di voto dopo due anni dal nuovo tesseramento. Perché nulla come la burocrazia interna sa mettere ordine e feeling tra gli iscritti.
Ovviamente, il segretario mantiene il ruolo di “attuatore della linea politica” secondo le indicazioni del Congresso, una consacrazione del potere verticale ma camuffata da apertura. Le segreterie regionali saranno organi elettivi, per carità, ma la scelta dei “Grandi Elettori” passerà attraverso congressi regionali che di certo non saranno teatro di battaglie epiche, ma più probabilmente di discussioni da salotto buono.
Poi, sul piano economico – tenetevi forte – sparisce la tanto agognata autonomia patrimoniale degli organi territoriali: adesso sarà il movimento centrale a raccogliere e distribuire risorse, riservandosi ben l’80% della torta. Ovvero, il territorio potrà solo sognare di gestire davvero i soldi, evidentemente considerati un lusso troppo grande per chi sta sul campo.
Insomma, cambiano le regole – almeno sulla carta – ma la linea politica rimarrà quella di sempre, ovvero la fedeltà incondizionata alla coalizione di centrodestra. Nella relazione odierna del segretario spiccheranno i mitici “quattro punti fondamentali” per Forza Italia, con la riforma della giustizia a fare da perenne stella polare, senza la quale sembra che il partito non sappia neanche respirare.
Come ciliegina sulla torta, Forza Italia sfodera un «Piano Strategico per rilanciare il Servizio Sanitario Nazionale», immancabilmente confezionato da «esperti» guidati dal noto oncologo Francesco Cognetti. Un progetto che promette la rivoluzione: riforma della medicina generale (perché evidentemente finora qualche problemino c’era), integrazione ospedale-territorio, riduzione delle liste d’attesa (una favola senza fine), assunzioni extra-ordinarie di medici e infermieri (miracoli veri), prevenzione tra i giovani (missione impossibile almeno fino a ieri) e, naturalmente, il tanto dimenticato ma sempre drammaticamente presente potenziamento della salute mentale. Che ovviamente non si sa mai da dove iniziare…
Insomma, un quadro perfetto: promesse altisonanti, impegni vaghi e la certezza che alla fine qualche campagna elettorale da vincere c’è sempre, anche quando si tratta di salute pubblica. La solita ricetta per tenere buoni gli elettori in attesa che arrivi l’inevitabile “pioggia di aspettative” mai soddisfatte del tutto.
Che dire, con una tale proclamazione di intenti (senza mai accennare a come si finanzierà tutto questo, ovviamente, perché una riforma senza nuove tasse resta sempre un’ardua impresa), rimane da vedere se avremo finalmente un salto di qualità o solo l’ennesima recita a cui siamo abituati da decenni.


