Una serata qualunque nel centro storico di Foggia si è trasformata in una tragedia sanguinosa. Una donna di 47 anni, con origini marocchine, è stata brutalmente accoltellata fino alla morte. Nel copione già conosciuto e drammaticamente ricorrente, la vittima aveva denunciato il proprio ex compagno, un uomo tunisino della stessa età, e per lui era stato emesso un divieto di avvicinamento.
Pare che la donna, temendo per la propria incolumità, abbia provato a chiedere aiuto chiamando le forze dell’ordine. Un gesto che, però, non è servito a fermare l’assalto: l’aggressore non ha esitato un attimo, sferrando un fendente con un coltello prima di dileguarsi nel nulla.
Immediatamente è scattata la caccia all’uomo da parte della polizia, che ha avviato le indagini e le ricerche per catturare l’assassino. Intanto, però, resta l’amaro interrogativo: come è possibile che un divieto di avvicinamento non sia stato sufficiente a salvare una vita? Sulle pieghe di questa ennesima tragedia si impone una riflessione inquietante sul funzionamento delle misure preventive e sulla sicurezza reale delle vittime di violenza domestica.



