Il tanto atteso evento dell’apertura dei testamenti di Giorgio Armani, il celebre stilista che ha lasciato questo mondo il 4 settembre scorso, si è finalmente concretizzato. Dunque, due testamenti sono stati aperti e resi noti al pubblico il 9 settembre, sotto l’occhio vigile della notaio Elena Terrenghi, anche se, naturalmente, nessuno ha ancora idea del loro contenuto. Che sorpresa.
È davvero confortante sapere che, mentre tutti speriamo di scoprire i segreti e le volontà del maestro della moda, veniamo lasciati nel mistero più totale. Apparentemente, la trasparenza è un optional, soprattutto quando si tratta di patrimoni milionari e destini che potrebbero scuotere il mondo fashion e non solo.
Chissà se la scelta di mantenere il riserbo è motivata dalla volontà di preservare la privacy della famiglia oppure da tattiche ben più complesse – o forse semplicemente da quella classica attesa teatrale che fa tanto “grande mistero” per aumentare l’hype. Nel frattempo, il pubblico rimane ad aspettare come fosse la finale di un reality, prontissimo a carpire anche il più piccolo dettaglio trapelato.
Il fatto però resta: un’icona globale se ne va, lascia la sua eredità, e noi, cittadini curiosi, ci ritroviamo a guardare un sipario che non si apre. Complimenti per la gestione della suspense.
Nel frattempo, forse sarebbe il caso di chiedersi che ruolo giochi realmente la burocrazia notarile in queste situazioni. Non è improbabile che dietro l’apparente lentezza e quella riservatezza quasi teatrale ci siano strategie ben ponderate, voglia di controllo e, perché no, interessi economici che pochi osano ancora svelare. Una partita che però si gioca tutta nell’ombra, lontana dalla luce dei riflettori, almeno finché qualcuno non deciderà che è ora di smascherare la verità.
In conclusione, la vicenda di questi due testamenti, tutti ancora ignoti, si presta a infinite speculazioni e a un incessante strepito mediatico. Piccola curiosità: chi sarà la fortuna o la sfortuna a raccogliere il testimone di un mito come Giorgio Armani? Per ora, il palcoscenico resta vuoto, e l’attesa, ben orchestrata, continua senza fine.