Federal Reserve: tassi congelati fino a settembre, poi giù a razzo con due tagli entro l’anno—che sorpresa!

Federal Reserve: tassi congelati fino a settembre, poi giù a razzo con due tagli entro l’anno—che sorpresa!

La Federal Reserve non si lascia sedurre dalle frettolose richieste di Trump: tassi fermi almeno fino a settembre con due tagli solo più avanti

Con una sincronizzazione impeccabile nel deludere le aspettative del suo principale tifoso, la Federal Reserve si prepara a mantenere i tassi d’interesse invariati nel prossimo incontro di mercoledì, calmo e impassibile come un iceberg. Non un accenno di cedimento alle lamentele di Donald Trump, che spinge per un taglio immediato a tutti i costi. No, i banchieri americani preferiscono giocare la carta della pazienza, probabilmente rimandando qualsiasi riduzione fino a settembre, per poi, forse, concedere i due tagli che tutti aspettano per fine anno.

I mercati, dal canto loro, sembrano aver abbracciato completamente questa filosofia “slow and steady” e vedono con un 85% di probabilità i primi due tagli a settembre e a dicembre. I trader, pragmatici e mai troppo ottimisti, prezzano già un complessivo di 49 punti base in tagli, ossia due scalpelate da 25 punti base ciascuna, con un’aggiunta di “meno un n’anticchia”, per dirlo alla maniera più folklore siciliana.

Fed ferma, inflazione in agguato e dazi in bilico

Gli analisti ci tengono a rassicurarci: “mercoledì non cambierà una virgola nel comunicato della Fed”. La banca centrale continuerà a ribadire quella mantra diventato leggendario: “Non ha fretta”. E ha ragione a prendersela comoda, dal momento che la strategia è quella di aspettare di vedere come i famigerati dazi americani influenzeranno una già indecisa economia statunitense.

Il rischio di una risalita dell’inflazione entro l’estate è quello che fa tremare la banca centrale, che si ritrova a dover tenere il piede sul freno e le mani sui tassi, per evitare sorprese poco gradite. La temuta scadenza del 9 luglio, data in cui può terminare la sospensione di 90 giorni sui dazi imposti lo scorso aprile, incombe come una spada di Damocle. E la domanda che tutti si fanno è una sola: ci sarà una proroga o scatteranno dazi supplementari fino al 50%? Il destino dell’economia sembra sospeso su questo filo sottile, mentre la Fed suda freddo al pensiero di eventuali ripercussioni sull’inflazione.

Previsioni divise ma della stessa sostanza: i tassi non scendono subito

Il tanto atteso grafico dei cosiddetti Dots – che rappresenta le previsioni personali dei membri del Federal Open Market Committee sui futuri tassi – probabilmente non riserverà sorprese: la maggior parte dei banchieri crede ancora in due tagli delicati da un quarto di punto ciascuno entro il 2024. Questa volta, però, gli occhi sono tutti puntati sull’anno in corso, perché le previsioni per gli anni successivi sembrano ormai interessare quanto una scultura di ghiaccio nel deserto.

Ma non è solo la Fed a tenere banco nel teatro delle decisioni monetarie. Anche la Bank of England, che si riunirà giovedì, vede i mercati scommettere su due tagli dei tassi, in perfetta armonia con gli americani. Nel frattempo, sul vecchio continente, la Banca Centrale Europea si mostra più conservatrice, segnalando per ora un solo taglio verso la fine dell’anno. La stessa Christine Lagarde ha candidamente ammesso che “siamo al termine del ciclo dei ribassi dei tassi”, quando ormai Francoforte ha già spinto il pedale del freno da parecchio tempo.

A mettere i puntini sulle i, il quadro attuale vede il tasso sui depositi BCE fissato al 2%, con i tassi sui rifinanziamenti principali e marginali rispettivamente al 2,15% e al 2,4%. Nel frattempo, la Fed continua il suo balletto sulle note del 4,25%-4,50%, con previsioni che indicano una caduta al massimo al 4%, ma comunque immeritatamente doppio rispetto a quelli europei. Insomma, da un lato dell’Atlantico si gioca a fare gli eroi sovrani mentre dall’altro si preferisce non affrettarsi, con l’incubo dell’inflazione che resta il direttore d’orchestra di ogni decisione.

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