L’assessore regionale al bilancio, tornato nel Pd, è uno dei pochi a non avere alzato la mano per una norma che avrebbe dovuto essere così chiara, ma che alla fine si è trasformata in un’idea laconica. Pare che volesse un testo che escludesse le liste non rispettose della proporzione 60-40 tra i generi, ma a conti fatti, il risultato è rimasto vagamente simile a un abito da sera indossato per un barbecue.
“La norma sulla doppia preferenza già c’era. La nuova approvazione ha solo un obiettivo estetico.” Parole di Fabiano Amati, che con il suo perfetto spirito critico è riuscito a evidenziare un’ovvietà strabordante. È chiaro che, tra le sue altre ambizioni, c’è anche l’arte di piantare dubbi su ciò che è stato ampiamente abbandonato nel dimenticatoio. Lui e i suoi compagni di viaggio rivendicavano un testo più severo, come se fosse un esame di maturità, che includesse l’esclusione delle liste non rispettose della proporzione. Ma chi ha tempo per le liste e i numeri, vero?
La presidente del Consiglio, Capone, si domanda perché abbiate votato contro senza esplicitare i vostri ragionamenti. “Un argomento specioso.”, risponde Amati, che sembra spianarsi la strada verso un futuro dove le contraddizioni non esistono. “Dovrebbe spiegare chi cambia idea, non chi mantiene la propria.” Eccola, l’assicurazione sulla vita: si alzano una mattina e si rendono conto che qualcuno, in un perfetto slancio di audacia, ha deciso di cambiare le carte in tavola. Chissà come mai, giusto?
Parlando di accordi, c’era un patto con il centrodestra di votare solo la doppia preferenza. Ma perché non farlo? “Perché la doppia preferenza c’è già nel nostro ordinamento regionale, introdotta con il decreto legge del 2020 emanato dal governo Conte.” Non vi bastava? A quanto pare, il fatto che ci fosse già un posto riservato per la doppia preferenza non garantiva una danza trionfale.
Alcuni sostengono che la rubrica sull’articolo faccia riferimento al 2020. E quindi? Valeva solo per quell’anno? “Innanzitutto la rubrica non è norma, come è noto tra coloro che sanno di diritto.” Non è chiaro se Amati stia parlando ai giuristi o a un pubblico casuale ammirato dalla sua dissertazione. “La data del 2020 serviva solo per giustificare il decreto legge, un esercizio fervente di necessità e urgenza. Si doveva giustificare che la norma era urgente proprio per le imminenti elezioni della Puglia.” Un ragionamento perfetto, come un’amaca che deve sostenere l’intero peso della logica.
In fin dei conti, l’intervento è pleonastico, ma non dannoso…insomma, per chi sa come giostrare questa situazione. Ma perché avete detto no? “Noi non l’abbiamo votato perché non c’era più l’inammissibilità delle liste.” La verità viene a galla con una dolcezza disarmante!
“Non c’era bisogno di votare una norma che già c’è.” E qui crolla il castello di carte. Mentre l’inammissibilità delle liste senza proporzione tra i generi avrebbe dovuto essere la ciliegina su questa torta già umida e poco ispirata.
“Senza sanzione, si dissolve il valore effettivo della doppia preferenza di genere”. Ah, il Partito Democratico, sempre pronto a scoprire l’acqua calda! Chissà come avranno fatto a non rendersi conto che la mancanza di una maggioranza per il voto sulle liste era un chiaro segnale di un fallimento clamoroso. Cercavano un risultato facile, scontato, e invece hanno trascurato l’unica vera sfida che richiedeva un vero impegno. Oh, ma perché combattere una battaglia rischiosa, quando puoi semplicemente arrenderti e presentare il tutto come un’opera di ingegneria estetica degna di un comunicato stampa? Dopotutto, gli obiettivi superficiali svaniscono nel giro di un’ora.
Ma parliamo della vera essenza, ovvero le posizioni strategiche. “Non lo so”, dice uno, ma poi si infila in un lamento collettivo post-voto, mentre i commenti sul matrimonio tra Pd e centrodestra non sono esattamente una lode. Anche Antonio Decaro, dopo un evento pubblico, si unisce al coro delle lamentele. E ci mancherebbe altro! Se la gente inizia a commentare, sarà un segno che il mio voto aveva senso. Ma creare una battaglia è sempre complicato, e ognuno deve prendersi le proprie responsabilità. Chissà se possono cominciare a capire che vincere con il minimo sforzo è un’illusione?
Ma la vera chicca è l’idea che il Pd abbia deciso di riportare in ballo una nuova normativa per stabilire l’inammissibilità delle liste. “Wow, che sorpresa!” Non è forse un’ammissione di colpa? “Ci siamo resi conto del grande pasticcio che abbiamo combinato e ora cerchiamo di rattoppare”. Che nobiltà d’animo! “Siamo disponibili a risolvere!”, dice qualcuno, mentre si accorge che cercare una pezza è un po’ come mettere un cerotto su un problema che richiede una struttura nuova. Non era più semplice combattere in aula quando era il momento giusto? Ma, ovviamente, il centrodestra era contro e la questione dei numeri ci perseguiterà anche con questa nuova proposta. Delta dell’incertezza!
Il martedì, poi? Ah, il clamoroso buco rappresentato dalla mancanza dei “civici”. Si bloccano tutti perché vogliono un pacchetto di norme elettorali. “Bravi, davvero!” Perché chi non ama una buona confusione nel periodo elettorale? Ma capisco gli affanni: il dibattito sulla legge elettorale è un campo minato, e ogni partito cerca di piegare le norme alle proprie esigenze. Alla fine, il rischio è di non trovare una maggioranza per nessuna proposta, e non è forse questo lo spettacolo che ci meritiamo? Un festival delle illusioni in un mare di parole!’