Emilio Fede, il cantore epico delle follie all’italiana di Berlusconi

Emilio Fede, il cantore epico delle follie all’italiana di Berlusconi

L’addio a Emilio Fede, l’irriverente e controverso direttore storico del Tg4, scatena un mix esilarante di ricordi che spaziano dal personale al politico, con una buona dose di polemiche, soprattutto linguistiche. Tra chi evoca il suo celebre temperamento da “carattere tremendo” — qualcuno come Paolo Brosio si è beccato persino una macchina da scrivere lanciata contro, ma lo ricorda come “padre professionale” — e chi, più sagace, non dimentica i soprannomi di Striscia la Notizia come “Emilio Fido”, per la sua lealtà più o meno velata al pensiero berlusconiano.

Insomma, Fede non è mai stato un personaggio che passava inosservato, almeno non al centro di un palco politico-mediatico stracolmo di contraddizioni. Diverse anime si confrontano tra chi lo dipinge come il “soldatino di ferro” di Silvio Berlusconi — praticamente un “Sciupone l’Africano” fatto uomo, “invidiato speciale” nella corte del Cavaliere — e chi invece, con una certa nostalgia, gli riconosce una professionalità a tutto tondo e un’umanità che la sua immagine di fervente berlusconiano incallito a volte oscurava.

Pino Pisicchio, giornalista ed ex europarlamentare, ricorda così il suo incontro con Fede: “L’ho conosciuto e sono stato ospite nei suoi talk su Retequattro. Era un professionista completo, spesso ingiustamente ridotto a un modello monodimensionale. Forse bisogna distinguere due Emilio Fede: quello prima e quello dopo l’incontro con Berlusconi. Il Fede 2 era completamente devoto al tycoon, tanto da essere in conflitto con il Fede 1.” E no, non era tutta una questione di poltrone o convenienza: “La passione per Silvio era autentica, al punto che alla morte del Cavaliere Emilio disse che voleva raggiungerlo al più presto.”

Carlo Freccero, che Fede lo ha conosciuto bene, sottolinea invece la faccenda con un ironico rispetto: “Tutta la satira sulla sua fedeltà incondizionata alle decisioni berlusconiane è comprensibile, ma credo che non fosse opportunista. Ammirava così tanto Berlusconi che tutta la sua presenza televisiva è stata un costante inno al suo eroe. Se Omero è stato il cantore dell’ira di Achille, Emilio ha scelto di essere il cantore dei gesti berlusconiani.”

Freccero spiega il perché di questa venerazione senza se e senza ma: “La sua venerazione per Berlusconi lo rendeva cieco a qualsiasi critica sulle sue azioni, e alla fine è stato lui a essere travolto dallo scandalo. Dopo il periodo d’oro della tv commerciale, i suoi ultimi anni sono stati una lenta discesa nel rimpianto e nella solitudine.”

Non si tratta solo di ideologie polverose, ma di una storia umana e professionale complessa. “Ho un buon ricordo di Emilio Fede,” ammette ancora Freccero, “anche se politicamente eravamo agli antipodi. Insieme abbiamo dato forma alla televisione commerciale che ha plasmato un’epoca.”

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