Elezioni in Veneto: l’ex sindaco Manildo si candida e ora tutti applaudono, ma sarà solo un’altra finta trovata?

Elezioni in Veneto: l’ex sindaco Manildo si candida e ora tutti applaudono, ma sarà solo un’altra finta trovata?

L’«alleanza larga», larghissima, a cui punta il segretario del Partito Democratico Andrea Martella per le prossime regionali, è quotidianamente strapazzata da colpi di scena, fughe in avanti e uscite sui giornali che mandano in fibrillazione, alternativamente, pezzi di partito o alleati. Spesso entrambi. Ma c’è un nome, quello dell’ex sindaco di Treviso Giovanni Manildo, percepito come dialogante, che sta riscuotendo un consenso trasversale. Lui, l’avvocato col pallino delle comunità energetiche, resta abbottonatissimo ma chiaramente non ha declinato e ci sta pensando seriamente con confronti serrati non solo all’interno del Pd.

I passaggi interni al partito. In queste ore la meta sembra più vicina di quanto lo sia stata negli ultimi mesi di montagne russe con la caccia al «civico» che ha prodotto tanti «grazie ma no, grazie», da Antonella Viola ad Aldo Serena, passando per il padre nobile del Pd, Achille Variati. Per Manildo mancano ancora alcuni passaggi (non banali) come il mandato in direzione Pd a Martella per portare «il» nome o, nel caso, una rosa di nomi da sottoporre al tavolo di centrosinistra e, appunto, la convocazione di quest’ultimo. Una data ancora non c’è. E pare che non ci sia neppure una particolare fretta. Per almeno due motivi. Primo, lasciare che si calmino un po’ le acque dopo le dichiarazioni della capogruppo Pd in Regione Vanessa Camani. Venerdì, infatti, per i dem, è stata una giornata campale dopo l’intervista a cuore aperto sul Mattino di Padova di Camani. Un j’accuse contro le logiche interne che ne avrebbero affossato la corsa per palazzo Balbi. Non sono bastati, infatti, gli endorsement di Flavio Zanonato e Paolo Giaretta. «Troppo divisiva», tagliano corto i compagni di partito che, però, non mancano di sottolinearne le capacità e la «marcia in più».

La «logica» nazionale dietro le decisioni. Il secondo motivo per cui non si spinge troppo è probabilmente legato alla sana abitudine italiana di procrastinare decisioni cruciali fino all’ultimo minuto possibile, come se fosse una sorta di gara per chi resiste di più. E in questo contesto, la mancanza di una data per l’incontro del centrosinistra è il miglior modo per tenere tutti sull’orlo di una crisi di nervi. E mentre i vari attori fanno le loro mosse di avvicinamento, si spera che il teatro politico continui ad intrattenere il pubblico con un dramma che sembra non avere fine. Ma, chi lo sa? Magari il supremo segreto della politica italiana è proprio questo: il prolungamento dell’incertezza è, in fondo, il miglior stratagemma per mantenere vivi i riflettori.

Ma certo, la «logica» nazionale è l’acceleratore di questo meraviglioso caos politico. In parole povere, il campo largo di Elly Schlein e Giuseppe Conte, insieme a forze che crescono in modo inexplicabile come Avs, devono trovare un accordo in regioni che, evidentemente, sono più importanti del Veneto – che, tra l’altro, è l’area più difficile. Parliamo di regioni vitali come Toscana, Marche, Campania, e Puglia. Non dimentichiamoci della Valle d’Aosta, che per il resto d’Italia è praticamente un mistero. Ognuno aspetta che un candidato vada ai pentastellati, e dal Veneto ci si aspetta una sola cosa: che l’unità sopravviva. Magari con un’armata di forze che sia il più ampia possibile, per tirare su quel disastroso 15% di cinque anni fa, almeno al 20%. E quindi, non c’è fretta, ma non si può neanche pensare di andare oltre l’inizio di giugno, proprio il periodo in cui dovrebbe risolversi anche l’ennesimo nodo del centrodestra, dilaniato dalla lotta fratricida tra Lega e FdI per trovare un candidato dopo Zaia.

Chi crede che il nome del rivale di centrosinistra possa uscire dal prossimo tavolo di coalizione si sta proprio illudendo. Il M5S, con il coordinatore Simone Contro, ha annunciato che intende continuare a discutere di Fabio Salviato, espressione di un’ipotetica Banca Etica, «un volto nuovo per il centrosinistra». Come no! Contro aggiunge anche che «noi su Manildo non siamo contrari, ma stiamo aspettando le segreterie nazionali» – perché, si sa, le segreterie nazionali sono sempre pronte e disponibili a decidere.

Poi c’è l’approvazione più semplice di Avs, il terzo partito a sinistra che, una volta tanto, sembra avere le idee chiare. Ma ecco che Corrado Cortese di +Europa sbotta entusiasticamente: «Il nome di Manildo è stato menzionato in alcune conversazioni informali a margine». È una figura respettable e con l’esperienza amministrativa – il che è fondamentale, vero? A quanto pare, l’obiettivo è sempre stato dar vita a un candidato politico, ma solo se ha il pedigree giusto.

Da non dimenticare c’è Elena Ostanel, del Veneto che Vogliamo, più cauta ma non contraria: «Aspetto che venga formalizzato questo o altri nomi» perché, insomma, un profilo civico rappresentativo di tanti mondi è sempre una buona scusa per nascondere incertezze. Manildo si è fatto il suo nome, ma aspettiamo sempre, giustamente, una formalizzazione dal PD. E Arturo Lorenzoni de Il Veneto Vale vai a credere che dice: «La reazione su Manildo mi sembra buona». Ma chi non lo stima? Certo, avere esperienza e maturità politica è quasi un accessorio di lusso in questo mondo.

E i centristi? La senatrice di Iv, Daniela Sbrollini, conferma in conversazioni quotidiane che sono tutte molto, molto positive con il PD. «C’è anche una dimensione nazionale nella questione», precisa, quasi a farci capire che non ci si può muovere senza il timbro di approvazione centrale. Quindi, restiamo in qualcosa di interlocutorio in attesa di chiudere gli accordi, perché niente dice ‘stiamo lavorando insieme’ come il rimandare incessantemente la firma. E Azione? Ancora non ha deciso niente, non su Manildo, né su dove posizionarsi fra destra e sinistra o se correre da sola. E chi scommette?

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