Quando solo un elettore su due si presenta alle urne, è evidente che la politica non è l’unica colpevole; tutte le categorie economiche e sociali del Trentino dovrebbero farsi delle domande. Una disaffezione che si trasforma in un individualismo che potrebbe cambiare radicalmente la società. Specialmente in una regione che ha spesso vantato la cooperazione come suo punto di forza. E indovinate chi ha deciso di svegliare gli scettici? La Cooperazione Trentina, con la sua esilarante campagna pubblicitaria “Chi vota, vince”.
Il presidente Roberto Simoni ha lanciato il grido d’allarme, dichiarando: “La Cooperazione è molto preoccupata di questo fenomeno perché è un segnale di disaffezione che non fa bene alla democrazia.” Oh, davvero? E chi l’avrebbe mai detto! A livello trentino, dove l’Autonomia è un vanto indiscutibile, il timore è che la gente inizi a ignorare un diritto così “fondamentale”. Chissà, forse il rischio è di perdere l’autonomia con cui ci siamo costruiti un bel po’ di comodità negli anni.
Il rischio di un deriva individualista è particolarmente allarmante nei piccoli paesi, dove un tempo la “cosa pubblica” occupava una posizione di rilievo nell’interesse collettivo. Simoni spiega: “La politica dei paesi è una delega che dai a persone che conosci.” E ora, con l’indifferenza che regna sovrana, costoro diventano dei mere fantasmi. È un fenomeno sconcertante, non c’è che dire.
Il problema dell’affluenza preoccupa anche Lorenzo Delladio, presidente di Confindustria Trento e residente a Ziano di Fiemme, dove l’affluenza è stata del 46,57% con un solo candidato sindaco. Che spettacolo! “Da uomo d’associazione, mi chiedo se stiamo prendendo abbastanza sul serio una deriva individualista che potrebbe avere anche cause endogene”, ha detto con una nota di sarcasmo. Crescendo in una comunità, lo è stato anche il valore del senso civico, nonostante oggi pare sparito nel nulla, come un buon proposito a Capodanno.
Spesso ci si chiede se l’indifferenza, il disimpegno e la disinformazione non siano degli atteggiamenti paradossali: così forti in un periodo in cui, ironicamente, non è mai stato più facile informarsi. Ma certo, perché interessarsi della “cosa pubblica” quando ci sono reality show e influencer da seguire?
Ma parliamo di quanto la partecipazione politica stia diventando un miraggio. Da un lato, mentre il cittadino medio mostra una predilezione per l’individualismo — perché chi ha voglia di condividere quando puoi lamentarti comodamente dalla tua poltrona? — Confindustria sembra essere l’unica a festeggiare. “Noto una sempre maggiore propensione alla condivisione e alla sinergia,” ha dichiarato Delladio, con quell’entusiasmo tipico di chi ha appena scoperto l’acqua calda. Sì, perché esattamente quando le piccole comunità decidono di unire le forze, sorgono miracoli: proprio come le assemblee che non vedono più nessuno! Ma, insomma, la colpa di questa crisi di partecipazione sarebbe da attribuire solo alla politica? Oh, certo che no! Anche Simoni ha ammesso, con una certa rassegnazione, che arruolare partecipanti alle assemblee è come cercare di convincere un gatto a fare il bagno.
Poi arriva il colpo di scena: 85 comuni si presentano con un solo candidato. Veramente entusiasmante, direi. “Quelli sono ruoli che una volta avevano una logica quasi di prestigio sociale,” ha commentato Simoni. Chiaramente, il prestigio sociale è stato sostituito da una bella dose di scetticismo. La paura delle critiche sociali ora è la vera star della festa, e chi vuole esporsi in prima linea quando il rischio di essere bersagliato da commenti al vetriolo è così elevato? In altre parole, candidarsi è diventato un esercizio di sana follia per chiunque. Simoni si è espresso con toni quasi poetici: “mettersi a disposizione della collettività in una logica solidaristica di gestire beni comuni.” Certo, che bel modo per dire che chi si candida è praticamente un martire della causa.
Ma non finisce qui! C’è un terzo elemento che rende tutto ancora più comico: dove non ci sono candidati, i sindaci avranno un consiglio comunale composto esclusivamente dalla maggioranza. Sì, perché un consiglio comunale monocromatico è proprio ciò di cui ha bisogno una comunità per rimanere viva e partecipe. “Questo fenomeno è preoccupante,” ammette sinceramente Simoni. Ma davvero? E non diciamo che le minoranze servono a costruire competenze e stimolare discussioni? Certo, se chi comanda è l’unico a parlare, non ci si aspetti certo un grande confronto di idee. E mentre i giovani languono nell’ignavia, si può stare certi che la prossima classe politica sarà forgiata con la polvere di stelle — con tutte le competenze necessarie per governare, ovviamente.