Diventare genitori, quella straordinaria impresa che trasforma completamente la vita, è spesso una tremenda fonte di ansia e solitudine, specialmente nei famigerati primi anni, quando ogni genitore si sente più spaesato di un turista senza mappa. A confermarlo, per chi ancora ne avesse bisogno, arriva il primo Osservatorio sulla genitorialità creato da Pampers, quella fidata marca che da sempre si vanta di stare al fianco delle famiglie, con la missione sacrale di decifrare le sfide e i bisogni di chi decide coraggiosamente di avventurarsi nella giungla della maternità e paternità odierna.
Tutto questo indagine psicologica di massa ha generato un’idea geniale, tanto da meritare un nome altisonante: Pampers Village. Un progetto targato Pampers Italia che, udite udite, non si limita più a vendervi pannolini ma si proclama compagno di viaggio dei genitori, perché si sa, crescere un bambino non è roba da poco e servirebbe un intero villaggio per farcela—sempre che poi quel “villaggio” non diventi un microcosmo di consiglieri inutili e consigli non richiesti. L’obiettivo è meraviglioso: costruire una rete concreta e accessibile fatta di ascolto, orientamento e sostegno nei primissimi mille giorni di vita del nascituro, quei 1000 giorni tanto delicati quanto complicati, ovvero il momento in cui ogni genitore si sente più solo del previsto.
“Per crescere un bambino serve un villaggio”, recita il principio ispiratore, evidentemente tratto da qualche proverbio africano, ma applicato ovviamente al mercato italiano. Questo progetto nasce grazie a una partnership con la Onlus Centro per la Salute delle Bambine e dei Bambini (CSB), che ha la buona abitudine di promuovere la salute, lo sviluppo e i diritti dell’infanzia e, naturalmente, di dare una mano a quei genitori persi nel proprio ruolo di educatori improvvisati. Insomma, Pampers e la CSB si tengono per mano con una missione condivisa: creare reti di supporto e offrire occasioni di confronto, sia nei quartieri che online, per restituire ai genitori quel senso di comunità che nel mondo reale, ahinoi, latita terribilmente.
Perché, signore e signori, ogni mamma e ogni papà meritano almeno di sentirsi parte di un villaggio — meglio se formato da persone reali e meno da notifiche sociali. E ogni bambino dovrebbe idealmente crescere immerso in un caldo abbraccio di amore, fiducia e condivisione, anche se poi il mondo si dimostra spesso più un arido deserto di sorrisi finti.
Pampers Village: la ricetta magica per non sentirsi soli e imbranati
Il progetto Pampers Village si articola in una serie di iniziative dal sapore di panacea universale, tutte pensate per rendere la genitorialità un’esperienza “straordinaria” (almeno così dicono) e un po’ meno tremenda per mamme e papà:
• Una ricca RICERCA sociale che, in tutta la sua nobiltà scientifica, scava a fondo tra timori, gioie e drammi quotidiani dei genitori, raccontandoli come in un diario emotivo di massa.
• Eventi FISICI itineranti, veri carnevali della genitorialità, sparsi nei parchi delle città italiane – perché per socializzare non basta uno schermo, ci vogliono giochi, risate, incontri e magari un po’ di confusione utile.
• La prima COMMUNITY PAMPERS tutta interna all’app Coccole Pampers, quel fantastico spazio virtuale dove genitori buttano fuori paure, condividono trionfi e inciampi, e costruiscono (o perlomeno ci provano) il miraggio di un villaggio presente e solidale.
• E dulcis in fundo, la prima CAMPAGNA di Responsabilità Sociale di Pampers, che si presenta come un lampo di modernità brillante nell’incipiente buio del marketing tradizionale, per non dimenticare che, se è tutto un business, almeno sembri almeno qualcosa di più umano.
Insomma, tra studi, passeggiate di gruppo e app, Pampers ci racconta come l’esperienza genitoriale, pur essendo uno dei viaggi più intensi e trasformativi della vita, possa essere anche un’esclusiva opportunità per socializzare, farsi sentire meno soli e magari vendere qualche pannolino in più. Ma nessuno è perfetto, nemmeno il villaggio di Pampers.