Lo scenario è a dir poco affollato: Trump Mobile, controllato da DTTM Operations, la società che gestisce i brand del tycoon, si affaccia sul mercato offrendo servizi 5G sfruttando le infrastrutture dei tre colossi delle telecomunicazioni americane. Nel frattempo, ha depositato la richiesta per il marchio “T1”, con l’obiettivo di farsi spazio nella giungla delle telecomunicazioni.
Donald Trump Jr. si è fatto avanti con una presentazione perfettamente studiata per attirare l’attenzione: un “pacchetto completo” di servizi che va ben oltre il semplice smartphone. Dalla telemedicina alle chiamate internazionali gratuite, passando per l’assistenza stradale e SMS illimitati verso 100 paesi, l’offerta promette di rivoluzionare la quotidianità degli utenti – o almeno così viene presentata.
Peccato che il mercato smartphone negli Stati Uniti sia già una battaglia tutt’altro che facile. Con Apple e Samsung a spartirsi la fetta più grande, e oltre 60 milioni di unità vendute ogni anno, il predominio è dei colossi asiatici, visto che la produzione è quasi completamente affidata a fabbriche in Cina, Corea del Sud, India e Vietnam. Insomma, il sogno di un dispositivo totalmente “made in USA” è più che altro una chimera.
Il problema? La produzione nazionale rimane quasi inesistente, complici costi di manodopera alle stelle, catene di approvvigionamento intricate e la dipendenza da componenti esteri. Perciò, non aspettatevi miracoli tecnologici subito a stelle e strisce – al massimo uno smartphone brandizzato con slogan altisonanti.
E in un mercato della rete mobile controllato a oltre il 95% da tre colossi come Verizon, AT&T e T-Mobile, il nuovo arrivato dovrà fare i conti con una concorrenza che non lascia spazio a iniziative imprudenti. Ma, ehi, quando c’è la parola Trump a far da garante, i miracoli sembrano possibili, almeno sulla carta. Vedremo cosa ne penseranno gli utenti quando dovranno decidere se pagare 47,45 dollari al mese per il privilegio.