Schneider fa il calcolo con l’algoritmo dell’ottimista incallito:
“Se non cambia nulla sulla regolamentazione delle CO₂, non significa che l’outlook per il 2026 cambia, ma che cambia quello a lungo termine. Potremmo passare da un tasso di crescita terminale negativo del 100% a uno del 50%. Questo vuol dire che le azioni potrebbero rivalutarsi da un multiplo di quattro a cinque sugli utili— un rendimento del 25%.”
Altre stime glamour: i gioielli da non perdere nel settore componenti
Nel frattempo, Schneider ha puntato i riflettori anche su altri protagonisti del settore automotive meno urlanti ma con sorprese interessanti. Continental è in pole position per sagnare una bella cedola speciale con la potenziale vendita della sua divisione ContiTech, che si occupa di cinghie, tubi e molle per l’industria e l’automotive, in un affare da 5 miliardi di euro. Niente male per scaldare gli animi degli azionisti.
Non manca poi il gioiellino degli investitori più audaci: Aumovio, fornitore di componenti di piccole dimensioni, che si scambia a uno sconto vertiginoso tra il 40 e il 50% rispetto ai suoi concorrenti. Insomma, un vero discount dell’automotive con la promessa di spunti interessanti per chi vuole entrare in gioco con un po’ di coraggio.
Schneider non usa mezzi termini:
“I multipli sono per lo più spinti verso l’alto da titoli come Ferrari. Se togli Ferrari dal quadro, molte aziende in Europa si scambiano ancora a multipli di utili a una cifra. Prendete Volkswagen o Renault, per esempio: sono aziende estremamente europee e sono scambiate intorno a quattro o cinque volte gli utili. Rimangono quindi tra le azioni più economiche del settore.”
Traduzione? Gli investitori giudicano questi titoli come se avessero davanti un baratro di crescita terminale negativa. Un po’ estremo, non trovate? Se non fosse per il cambio regolamentare sulle emissioni, la valutazione rimarrebbe inchiodata a questo pessimismo cosmico. Ma se la normativa dovesse effettivamente mollare la presa, le aspettative di sopravvivenza a lungo termine si schiarirebbero, favorendo un bel rialzo.
Schneider fa il calcolo con l’algoritmo dell’ottimista incallito:
“Se non cambia nulla sulla regolamentazione delle CO₂, non significa che l’outlook per il 2026 cambia, ma che cambia quello a lungo termine. Potremmo passare da un tasso di crescita terminale negativo del 100% a uno del 50%. Questo vuol dire che le azioni potrebbero rivalutarsi da un multiplo di quattro a cinque sugli utili— un rendimento del 25%.”
Altre stime glamour: i gioielli da non perdere nel settore componenti
Nel frattempo, Schneider ha puntato i riflettori anche su altri protagonisti del settore automotive meno urlanti ma con sorprese interessanti. Continental è in pole position per sagnare una bella cedola speciale con la potenziale vendita della sua divisione ContiTech, che si occupa di cinghie, tubi e molle per l’industria e l’automotive, in un affare da 5 miliardi di euro. Niente male per scaldare gli animi degli azionisti.
Non manca poi il gioiellino degli investitori più audaci: Aumovio, fornitore di componenti di piccole dimensioni, che si scambia a uno sconto vertiginoso tra il 40 e il 50% rispetto ai suoi concorrenti. Insomma, un vero discount dell’automotive con la promessa di spunti interessanti per chi vuole entrare in gioco con un po’ di coraggio.
Il 2026 si profila per i costruttori europei di automobili come una vera e propria partita di equilibrio su un filo sottile: da un lato l’ipotesi di un allentamento delle regole sulle emissioni di CO₂, dall’altro la minaccia sempre più concreta di una feroce concorrenza made in Cina. Una combinazione da fuochi d’artificio, secondo Horst Schneider, cervellone della ricerca azionaria automotive presso Bank of America Securities. Per lui, le azioni delle case auto, attualmente a prezzi più bassi (ma non disperati), hanno ancora un consistente “potenziale di recupero” e sapranno brillare nel 2026 proprio grazie ai nuovi regolamenti.
Dulcis in fundo, il settore automobilistico europeo ha questo buffo rituale: parte sempre forte nel primo trimestre, poi si lascia andare in un calo fisiologico salvo risvegliarsi verso la fine dell’anno. Rendiamo omaggio a questa prevedibilità quasi comica, perché Schneider si aspetta che anche il 2026 seguirà fedelmente questo copione.
Il nostro buon Horst ha poi deciso di sbilanciarsi e sparare il colpo grosso della sua lista, puntando su Ferrari. Ecco il twist: la casa di Maranello, che fino a poco fa sembrava essersi fatta prendere dal torpore, ora mostra un “rischio-rendimento” fin troppo invitante per non considerarla la star per il prossimo anno. Insomma, ora che Ferrari sembra in saldo, è il momento di guardarla più da vicino.
Il motivo? Il cavallino rampante non ha intenzione di buttarsi a capofitto nell’elettrico senza prudenza. È prevista per ottobre la presentazione della sua prima auto completamente elettrica, ma fino ad allora i piani restano avvolti in un velato conservatorismo. Come ogni buon costruttore strategico, Ferrari alza le sue ambizioni di crescita — ma con calma, una volta l’anno, più o meno. Potremmo vederne i frutti tra il 2027 e il 2028. Segnatevelo, non è un lancio a sangue caldo.
Cambio di rotta della Commissione Europea: benvenuto caos regolatorio
La grande novità di questo intricato scenario è la svolta a 180 gradi della Commissione Europea, che si prepara a tirare indietro la mano su una delle ormai mitiche restrizioni alla vendita di veicoli con motore a combustione interna (ICE) a partire dal 2035. In parole povere, la tanto decantata strada verso la mobilità elettrica obbligatoria subisce una brusca frenata, un sollievo per le case automobilistiche europee sotto pressione, dato che la domanda di veicoli elettrici stenta ancora a decollare rispetto agli Stati Uniti e alla Cina. Incredibile ma vero, l’elettrico in Europa deve ancora convincere.
Schneider conferma:
“Considerando le tendenze regolatorie, potrebbe succedere che Ferrari allarghi nuovamente il suo ventaglio di progetti con motori a combustione verso la fine del decennio, e questo ovviamente spingerà i margini verso l’alto. Quindi non vedo motivo di preoccuparmi che non raggiungano gli obiettivi.”
Non è poi così sorprendente, visto che Ferrari è sempre stata un po’ il re del prudente ottimismo. Nel frattempo, le valutazioni per tutto il comparto auto continuano a parlare la lingua della parsimonia. Gli investitori, infatti, non riescono proprio a scuotersi dall’idea che questo settore non potrà mai essere caro.
Schneider non usa mezzi termini:
“I multipli sono per lo più spinti verso l’alto da titoli come Ferrari. Se togli Ferrari dal quadro, molte aziende in Europa si scambiano ancora a multipli di utili a una cifra. Prendete Volkswagen o Renault, per esempio: sono aziende estremamente europee e sono scambiate intorno a quattro o cinque volte gli utili. Rimangono quindi tra le azioni più economiche del settore.”
Traduzione? Gli investitori giudicano questi titoli come se avessero davanti un baratro di crescita terminale negativa. Un po’ estremo, non trovate? Se non fosse per il cambio regolamentare sulle emissioni, la valutazione rimarrebbe inchiodata a questo pessimismo cosmico. Ma se la normativa dovesse effettivamente mollare la presa, le aspettative di sopravvivenza a lungo termine si schiarirebbero, favorendo un bel rialzo.
Schneider fa il calcolo con l’algoritmo dell’ottimista incallito:
“Se non cambia nulla sulla regolamentazione delle CO₂, non significa che l’outlook per il 2026 cambia, ma che cambia quello a lungo termine. Potremmo passare da un tasso di crescita terminale negativo del 100% a uno del 50%. Questo vuol dire che le azioni potrebbero rivalutarsi da un multiplo di quattro a cinque sugli utili— un rendimento del 25%.”
Altre stime glamour: i gioielli da non perdere nel settore componenti
Nel frattempo, Schneider ha puntato i riflettori anche su altri protagonisti del settore automotive meno urlanti ma con sorprese interessanti. Continental è in pole position per sagnare una bella cedola speciale con la potenziale vendita della sua divisione ContiTech, che si occupa di cinghie, tubi e molle per l’industria e l’automotive, in un affare da 5 miliardi di euro. Niente male per scaldare gli animi degli azionisti.
Non manca poi il gioiellino degli investitori più audaci: Aumovio, fornitore di componenti di piccole dimensioni, che si scambia a uno sconto vertiginoso tra il 40 e il 50% rispetto ai suoi concorrenti. Insomma, un vero discount dell’automotive con la promessa di spunti interessanti per chi vuole entrare in gioco con un po’ di coraggio.



