Che gioia assistere allo spettacolo surreale in cui si trovano coinvolte due delle grandi potenze mondiali, Unione Europea e Stati Uniti, alle prese con una crisi da cartoon sull’industria automobilistica globale. Al centro del dibattito, il piccolo ma inflessibile produttore di semiconduttori Nexperia, un’azienda olandese in mano alla cinese Wingtech. Chi se l’aspettava: una semplice fabbrica di chip capace di far tremare interi marchi automobilistici.
Il governo olandese, forse in vena di colpi di scena molto “freddi”, ha deciso di impadronirsi della società nel mese di ottobre, richiamando alla memoria le glorie del passato con una legge degna del blocco sovietico. E tutto perché Wingtech avrebbe avuto intenzione di spostare proprietà intellettuale in un altro angolo sicuro dell’impero cinese. Beh, che bello affidare i nostri preziosi chip a una potenza straniera sospettata di giochi di prestigio tecnologici!
Non pago, il regime di Pechino ha risposto degnamente: ha bloccato le esportazioni di prodotti Nexperia, facendo capire che la cortesia è una strada a senso unico. E così, la catena di approvvigionamento delle automobili si ritrova nel bel mezzo di un match da film apocalittico, con la produzione mondiale in bilico perché le mitiche componenti di questi microchip sono di una rarità tale da non poter essere rimpiazzate con un click.
Le componenti in questione, per chi non lo sapesse, sono quei pratici pezzettini di transistor, diodi e gestori di potenza che fanno funzionare dal freno al finestrino elettrico, da luci e sensori agli airbag, e tutto quanto ciò che, per magia, permette a un’auto di essere “smart”. La loro produzione è distribuita tra Europa e Cina: la fabbricazione avviene in territorio europeo ma il completamento, assemblaggio e collaudo sono made in China, per poi tornare a rifornire l’Europa e il resto del mondo. Cercate di non farvi venire il mal di testa.
Tra l’altro, nel 2024 Nexperia ha venduto due miliardi di dollari di chip. Una cifra modesta, sicuramente, per un’azienda che però ricopre un ruolo da protagonista in tantissime vetture. Insomma, fa il lavoro sporco ma nessuno la può ignorare. Quando Volkswagen, Nissan Motor e Mercedes-Benz hanno lanciato l’allarme, evidentemente non stavano cercando di essere simpatici: se la corrente dovesse fermarsi, la produzione potrebbe vedere tagli pesanti.
Il punto è che cambiare fornitore non è una passeggiata. Magari spegnete e accendete la stampante, ma non è così facile sostituire le origini di questi chip così basilari eppure strategicissimi in pochi giorni. Le scorte? Esistono, ma come una guarnizione di salvezza da usare con la massima parsimonia, visto che il problema non sembra destinato a risolversi con un semplice “stavolta ci mettiamo una pezza”.
La cronaca di un caos annunciato
A settembre, la mossa olandese ha richiamato alla memoria i fasti della Guerra Fredda, richiamando una legge che ormai sembrava sepolta dalla Storia. La pandemia ormai dimenticata delle eccellenze tecnologiche ci ha regalato questo passo di danza tragicomico in cui il CEO di Nexperia, Zhang Xuezhen, a capo della cinese Wingtech, è stato sospeso per quella che si definisce “cattiva gestione”. Sicuramente uno stratagemma che apre la porta a strade legali ricche di colpi di scena.
Nel rispondere, la Cina ha innalzato barriere ancora più alte, comunicando un blocco alle esportazioni di prodotti chiave di Nexperia, lasciando tutte le fabbriche europee e clienti in un limbo da pronto soccorso industriale. In parole povere: non arriva più niente, e così la catena produttiva trema più di un ballerino alle prese con un tango d’emergenza.
Per fortuna o per semplice necessità diplomatica, il 24 ottobre sono emerse voci confortanti da Washington: si starebbe preparando un accordo per consentire a Nexperia di continuare a esportare chip, un risultato intermedio tra una stretta di mano e un compromesso inevitabile. Anche il Ministero del Commercio cinese ha mostrato un gesto di paternalismo, dichiarando che esaminerà caso per caso le esportazioni da concedere, sperando di non perdere del tutto la faccia.
In sostanza, gli scambi “critici” stanno per riprendere, per quanto in un contesto ancora intriso di sospetti e controlli rigidi su tutto ciò che reca la firma cinese e olandese. Il premio? Una crisi dell’industria automobilistica globale, con uno spettro di scarsità che potrebbe rimanere all’orizzonte finché questa guerra di chip non avrà un vincitore – o finché non ci troveremo tutti a comprare auto senza freni o finestrini elettrici.
Benvenuti nel futuro della tecnologia globale: un gioco di potere fatto di leggi d’altri tempi, di geostrategie dove un transistor può provocare un tempesta diplomatico-industriale, e soprattutto dell’infinito spettacolo di ipocrisia e paranoia che accompagna ogni scontro tra continenti. Nel frattempo, provate a immaginare come si sentiranno i poveri automobilisti.



