Decreto sicurezza bocciato dalla Cassazione, l’opposizione festeggia mentre Nordio si sfoga incredulo

Decreto sicurezza bocciato dalla Cassazione, l’opposizione festeggia mentre Nordio si sfoga incredulo
La Suprema Corte si è data un piacere: in ben 129 pagine di relazione, l’ufficio del Massimario della Cassazione ha tributato un memoriale di critiche al cosiddetto decreto sicurezza del governo, quello approvato il 4 giugno e spacciato per panacea di tutti i mali.

Ma per la precisione, la Cassazione si spinge oltre, scrivendo senza mezzi termini: “È un provvedimento che apre la strada a una possibile violazione di plurimi principi di costituzionalità in materia penale”. Tradotto: hanno letteralmente edificato un decreto che rischia di sfracellarsi sui pilastri della nostra Costituzione.

Carlo Nordio, il brillante ministro della Giustizia, si limita a commentare con un filo di incredulità, comunicando di aver “dato mandato all’Ufficio di Gabinetto del ministero di acquisire la relazione e di conoscerne l’ordinario regime di divulgazione”. Tradotto in parole povere, tempo al tempo: forse leggerà, forse no.

Ma andiamo ai punti più succosi e assurdi della telenovela giudiziaria.

Il teatrino del terrorismo e i servizi segreti

La Cassazione ha fatto sapere che c’è qualche problemino sui reati che dovrebbero combattere il terrorismo. Diciamo un eufemismo per non dire “pasticciàti”. Sempre in tema di allarmi, si mette sotto la lente l’ampliamento dei poteri dei servizi segreti: più poteri agli 007 italiani, ma con meno cervello.

Doveroso far notare che tutta questa “logica securitaria” prevista per soffocare il dissenso sembra invece un regalo di Natale per gli sceriffi del controllo. Le sanzioni contro i famigerati “blocchi stradali”, ormai simboli di una disobbedienza civile naturale e quasi contemplata nella storia delle proteste, vengono sbertucciate come pure eccessive e inutilmente repressivi.

Il colpo da maestro arriva con la cosiddetta “norma anti Gandhi” – il nome si spiega da solo – che fa parte del pacchetto carceri del decreto. Qui si parla di repressione della resistenza passiva in carcere, un ossimoro che squarcia l’ipocrisia del sistema aprendo la porta al paradosso: potrebbero finire in prigione anche i detenuti che semplicemente rifiutano il cibo o l’ora d’aria. Una scelta da premio ironia nera, se mai ce ne fosse stato bisogno.

La tragedia continua con le norme sul consumo di canapa: considerate “lesive della libera iniziativa economica” senza un grammo di evidenza scientifica che supporti questa audace tesi. Peccato solo che la scienza sia stata accusata di far la dormigliona.

Quanto alle norme sulle detenute madri, è un sonoro bocciatura in piena regola. L’articolo 15 del titolo III parte proprio male e finisce peggio, facendo venire voglia di chiedere scusa a tutte le madri reclus* (dopotutto, si meritano almeno un po’ di rispetto, no?).

Insomma, questo decreto approvato a furor di maggioranza si rivela un bazar di contraddizioni, con la Suprema Corte che ne smonta con eleganza le fondamenta, esponendo il tutto a un comico fallimento normativo.

Le opposizioni, ovviamente, si scatenano in applausi entusiasti, mentre la maggioranza preferisce scantare critiche con la stessa eleganza di un elefante in una cristalleria. Fabio Rampelli, vicepresidente dei deputati di Fratelli d’Italia, non perde occasione per definire il Massimario della Cassazione «il teatro della confusione», dove si mescolano a piacimento interpretazioni giuridiche, senza il minimo rispetto né per la legge né per la democrazia.

Rampelli aggiunge, in un lampo di lucida follia: «Si condanna una legge voluta dal Parlamento e promulgata dal Capo dello Stato senza neanche averne l’autorità». Insomma, la Cassazione è diventata un tribunale dove si giudica a senso unico, detronizzando l’istituzionalità con la stessa leggerezza con cui si butta via un biglietto della metro.

Dall’altra parte della barricata politica, Debora Serracchiani del Partito Democratico definisce il decreto un «minestrone di norme confuse e vaghe», e ricorda che la sicurezza si disciplina con leggi serie, non con slogan da talk show. Nel frattempo, Angelo Bonelli, uno dei capi di Alleanza Verdi e Sinistra, accusa il decreto di “criminalizzare il dissenso”.

Non mancano le frecciatine dal M5S, che parla di denuncia continua delle opposizioni, mentre Riccardo Magi di +Europa offre un giudizio senza mezzi termini: «La Cassazione conferma che questo decreto è una schifezza». E, non per essere da meno, Enrico Borghi di Italia Viva dichiara che si tratta di una stoccata definitiva al testo: «È una bocciatura». Che sollievo, almeno qualcuno usa le parole giuste.

Tra le voci più prevedibili eppure disarmanti nella loro ipocrisia, Maurizio Gasparri, a capo dei senatori di Forza Italia, afferma pacatamente che la Cassazione fornisce “una motivazione in più” per riformare la giustizia, non senza accusare di “uso politico della giustizia” anche chi si limita a redigere questi pareri che semplificano solo l’incomprensibile.

Last but not least, Andrea Ostellari, senatore leghista e sottosegretario alla Giustizia, è pragmatico: «La pronuncia della Cassazione? Non è vincolante. Noi andiamo dritti per la nostra strada». Insomma, in Italia la logica è un optional, e a chi si oppone si risponde andando avanti a testa bassa, come il bambino che fa i capricci.

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