Decreti sicurezza da abbattere? Secondo Sisto parla solo qualche magistrato, mica la Cassazione vero?

Decreti sicurezza da abbattere? Secondo Sisto parla solo qualche magistrato, mica la Cassazione vero?

Il simpatico viceministro Francesco Paolo Sisto, quello della bandiera forzista ma con un po’ di tatto (dicono), tenta di farci credere che le recenti bocciature della Cassazione sui decreti sicurezza e sull’Albania siano solo una piccola incomprensione tra amici: “Noi rispettiamo i giudici, ma c’è modo e modo di dissentire”, ci tiene a precisare.

Ecco, partiamo da questo: la Cassazione ha dato un parere negative. Lui, da viceministro della Giustizia, trova persino “incredibile” questa presa di posizione. La presidente della Cassazione, Cassano, invece sembra sorpresa del suo stupore. Un bello scambio di cortesia istituzionale, niente da dire.

Naturalmente, quando gli si chiede se non sia una mazzata, lui ribadisce con un candore disarmante che si tratta solamente dell’opinione di “sei magistrati, su 9.600” che compongono la magistratura italiana. Un po’ come se uno al bar dicesse: “Non preoccupatevi, è solo il parere di pochi, mica della maggioranza.” Eccellente statistica, complimenti.

Ora, questa cassazione esprime appunto pareri tecnici, mica decide. E qui arriva il colpo da maestro: il documento bocciatorio non è una sentenza, tanto meno un precedente. È solo un “parere istruttorio”, ossia un’opinione, anche se “qualificata”, ma opinione di alcuni (pochi) esponenti dell’ufficio studi del Massimario. Tipo un tweet della Cassazione, insomma.

Ma allora perché l’intervento viene definito un’invasione di campo? Perché, caro amico, agita l’ombra spettrale dell’essere scambiato per una decisione ufficiale della Cassazione, creando “rischi” di empasse giudiziarie. Ah, i pericoli della trasparenza!

Rischi? Eccoli: immagina avvocati e imputati che sfoggiano a sostegno le opinioni di questa Cassazione non ufficiale come fossero verità immutabili, condizionando così scelte giurisprudenziali come se fossero dogmi sanciti in alto loco. No, dice il viceministro, è solo “una mera opzione culturale”. Un eufemismo triste per dire: “Fate finta che non sia successo niente”.

In realtà, la vera preoccupazione sembrerebbe il tono utilizzato nel parere, accusato di un’eccessiva severità che si traduce in un attacco deciso e inaccettabile alle leggi del governo. Una demolizione che il nostro amico viceministro considera persino costituzionalmente intollerabile. Il paradosso è che la severità non va bene, ma certo il favore tipico a certe leggi è sacrosanto.

Sul decreto Sicurezza, il viceministro ha una chicca tutta sua: ribadisce che non si può ammettere l’eterogeneità, salvo ricordare che la Consulta ha stabilito esattamente il contrario: se la finalità è unica, il decreto può essere eterogeneo. Contraddizione o strategia? Voi giudicate.

Il principio “intoccabile” della decretazione d’urgenza

E poi abbiamo il pezzo forte: la decretazione d’urgenza in materia penale, che per il viceministro non è affatto una novità o una anomalia. “Prescindendo dalla condivisione o meno”, dice lui con l’aria di chi sta per svelare un segreto di Pulcinella, “è pacifico che si possano adottare decreti urgenti in ambito penale”. Mamma mia, che rivelazione.