In un’epoca in cui le parole sembrano spesso più potenti delle azioni, il governatore Vincenzo De Luca si lancia in un’accesa diretta social, paragonata nientemeno che a un derby. Un evento tanto atteso quanto rivelatore, con la sua allusione a leggi che, come una buona giacca, vestono solo i preferiti. Dopo la sentenza della Corte Costituzionale riguardante la legge campana sul terzo mandato, De Luca fa appello a una sorta di moralità di facciata. Ma chi è davvero in gioco qui?
Contraddizioni in prima linea
Il presidente non si fa scrupoli a definire la normativa e i suoi rivali come una «politica politicante», escludendo i «trasformisti» ma lasciando a tutti noi un dubbio amletico: chi detiene la vera autorità in questo melodramma? Davanti a una confusione totale mai vista, De Luca immagina di trovarsi in una dimensione parallela, dove per alcuni la legge è rispettata e per altri, come nel caso del Veneto, è solo un suggerimento. Magari gli “spiriti” di questa Italia distorta si sono messi d’accordo per far apparire le ingiustizie normale amministrazione.
Gioco degli opposti
È significativo notare come all’occasione di appoggiare una legge di limiti ai mandati, ci si ricordi solo dei presidenti di regione, mentre parlamentari, ministri e altri rappresentanti possono candidarsi “in eterno”. Dopotutto, in Campania un presidente può essere deposto dopo un solo mandato, evidentemente in un gioco delle parti che farebbe impallidire anche il più audace dei drammaturghi. Se altri presidenti nelle regioni limitrofe festeggiano per il terzo mandato, da noi si assiste a un vero e proprio «scempio». Un controsenso che grida vendetta e invita a una riflessione critica: è proprio in questo che risiede la legittimità del nostro Stato di diritto?
Dove sono le voci di protesta?
E qui arriva la nota dolente. Le forze di opposizione, quelle stesse che dovrebbero vigilare sulle irregolarità, non mostrano neanche un timido segnale di vita. Questo silenzio assordante non è solo imbarazzante, è pura vergogna. Chi rappresenta «la legge è uguale per tutti» quando, ad un certo punto, le leggi iniziano a fare il buono e il cattivo tempo? Ogni angolo di questo paese sembra essere un palcoscenico per le contraddizioni, dove i compromessi si elevano al rango di pratica usuale.
Promesse vuote e soluzioni improbabili
Ma come se ne esce? Si affermano riforme nel nome di una presunta «giustizia», mentre a livello pratico tutto rimane immutato. Possibili soluzioni? Magari potremmo iniziare a seguire l’esempio di paesi che sembrano avere trovato un migliore equilibrio tra governance e responsabilità, ma chi ha voglia di imitare? E che dire dei piani che non sono mai stati implementati, abbandonati come una nave in un porto deserto?
In conclusione, se l’ironia è l’unico rimedio a una tale ondata di incoerenza, forse dovremmo ridere — in fondo, è tutto così incredibilmente drammatico. Ma nel regno dell’apparente, è un’ironia amara che, invece di dissolve il caos, lo riflette in tutta la sua tragica bellezza.
In un paese democratico, i cittadini dovrebbero avere voce in capitolo. Ma, a quanto pare, c’è chi preferisce soffocare tali voci, sostenendo che non ci sia tempo da perdere con discussioni troppo aperte. È interessante notare che chi parla di limiti alle consultazioni sembra sempre orientato a non dare parola agli stessi cittadini, rifugiandosi in un centralismo decisionale che oscura le voci locali. Ma tranquilli, il problema, secondo alcuni, è “risolto”. Gli alleati sembrano pensare che la calma sia la risposta, ma i problemi sono solo all’inizio.
Il futuro alla luce dei programmi attuali
Il governatore ha iniziato a delineare la sua strategia: ragionare sul futuro partendo dai programmi in corso, e non da chiacchiere politiche. Detto in modo più diretto, chi è all’interno della politica politicante non è idoneo a governare. Sembra quindi che il futuro possa essere sancito da chi ha dimostrato di saper realmente governare. E non ci sorprende che in questa giostra politica la stella di Roberto Fico stia bruciando in alto; chissà se questo segnale è frutto di un piano ben congegnato o semplice fortuna.
Osservazioni e illusioni
De Luca s’illude di aver ottenuto un risveglio vitale grazie a un pronunciamento, ma c’è una sottile inquietudine nel suo tono. La Campania e Napoli non devono ricadere nella palude della politica stagnante, afferma. Eppure qui si avverte un contrasto: la tranquillità promossa è difficile da conciliare con una realtà che chiede un’azione decisa. Le chiacchiere sono solo chiacchiere, ma tanto basta a coloro che vogliono restare a galla nella politica.
Domattina, un incontro cruciale con i capigruppo della sua maggioranza segnerà il primo passo politico dopo la sentenza che ha gelato le sue ambizioni. Sarà l’occasione di scoprire chi ha ancora “voglia di remare” nella stessa direzione. Se il calma di De Luca potrà mai durare, è un’altra questione. Le scommesse sono aperte: il zen di oggi potrebbe trasformarsi in caos domani, e le promesse fatte rischiano di svanire come nebbia al sole.
Possibili soluzioni (con una spruzzata di ironia)
In tutto questo, ci si può chiedere: quale futuro possiamo costruire se continuiamo a chicchierare mentre i problemi concreti affollano le strade delle nostre città? Potremmo benissimo decidere di **ascoltare** i cittadini attraverso spazi di vera discussione, anziché imbottirli con strutture burocratiche che sembrano più preoccupate di controllare che di ascoltare. Certamente, non possiamo aspettarci che chi ha fatto dell’arte di parlare un mestiere cambi improvvisamente. Ma chissà, un giorno, forse, i cittadini avranno realmente voce… o rimarranno solo un eco lontano.