Dazn sanzionata, soldi in fumo e la solita pantomima dei diritti tv che non impara mai

Dazn sanzionata, soldi in fumo e la solita pantomima dei diritti tv che non impara mai

La parabola di DAZN, quella piattaforma miracolosa che avrebbe dovuto rivoluzionare il calcio italiano, si arricchisce ancora una volta di un capitolo da tragedia comica. Dimenticate tecnologia all’avanguardia e servizi impeccabili: la cronaca è fatta di multe, casino, sentenze e, ciliegina sulla torta, la mitica gestione fumosa dei diritti tv della Serie A. Il Consiglio di Stato ha detto la sua: DAZN dovrà sborsare una cifra da capogiro, più di 7 milioni di euro. Ovviamente per un accordo del 2021 tanto furbo quanto truffaldino, studiato apposta per soffocare la concorrenza. Il paradosso? I tifosi continuano a pagare, ma per cosa? Per uno streaming che sembra congelato negli anni ’90 con buffering continui e ritardi degni di una partita a scacchi.

Dal 2018 ci hanno preso per fessi raccontandoci che DAZN avrebbe reso il calcio “ovunque”, “su ogni schermo”, “a portata di click”. E invece? Segnale ballerino, partite che si fermano proprio nei momenti topici e quei gloriosi 30 secondi di delay che trasformano il divano di casa in una sala spoiler degna di un film d’azione. La vera star qui, però, sono le multe: quelle sì che volano veloci, altro che lo streaming.

Il Consiglio di Stato, nella sua proverbiale lentezza – quattro anni dopo, giusto per non farsi mancare nulla – ha confermato che l’accordo del 2021 era un insulto alla legge sulla concorrenza. Tradotto? Si è provato a truccare il mercato dei diritti tv della Serie A mentre gli abbonati soffrivano davanti a schermi congelati e voglia di lanciare il telecomando. Il conto finale? Una bella multa da 7.240.250 euro. E le scuse? Quelle sono ancora in stock, come un miraggio lontano.

Nel frattempo, la Serie A continua la sua avventura su DAZN, con abbonamenti sempre più salati e partite che sembrano trasmesse con la connessione Wi-Fi di un rifugio sperduto nelle Alpi. Ma oh, non provate a lamentarvi: l’importante è ingrassare il portafoglio, anche a costo di offrire una qualità degna di un video anni ‘90. Ora arriva la multa, certo, ma alla fine saranno sempre i tifosi a pagare il conto, tra spot ingannevoli e un servizio che fa ridere… a crepapelle.

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