La situazione possa solo migliorare, spunta un piano geniale per farla precipitare ulteriormente. La Casa Bianca ha ridotto il proprio approccio riguardo alle tariffe che entreranno in vigore il 2 aprile, escludendo almeno in quella data alcuni dazi specifici per settori come automobili, prodotti farmaceutici e semiconduttori. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal e dall’agenzia Bloomberg, il 2 aprile scatteranno comunque i dazi reciproci. L’amministrazione sta ora rivolgendo la sua attenzione verso l’applicazione di tariffe su circa il 15% delle nazioni con persistenti squilibri commerciali con gli Stati Uniti, un gruppo che il segretario al tesoro Scott Bessent ha definito, con disprezzo, “dirty 15”.
Tra questi “sporchi 15” ci siamo anche noi, intesi come Unione Europea. Gli USA registrano un disavanzo commerciale nei confronti dell’UE di circa 230 miliardi di dollari, il secondo più alto dopo quello con la Cina, che supera i 300 miliardi. Gli altri membri del gruppo includono Messico, Vietnam, Taiwan, Giappone, Corea del Sud, Canada, India, Thailandia, Svizzera, Malaysia, Indonesia, Cambogia e Sudafrica. Nello specifico, la sola Italia vanta un saldo positivo tra esportazioni e importazioni dagli USA di quasi 35 miliardi. E non dimentichiamo l’Russia, secondo il Wall Street Journal.
Successivamente, Trump ha annunciato che nel “prossimo futuro” dichiarerà tariffe su automobili, alluminio e prodotti farmaceutici, senza però indicare una data specifica. Durante una conferenza stampa alla Casa Bianca, il presidente ha rivelato che gli USA avranno bisogno disperato di questi beni prodotti localmente, specialmente nel caso si presentassero emergenze o conflitti.
Niente è più devastante per i mercati e per il commercio dell’incertezza: non sapere come muoversi di fronte a dazi che nascono, svaniscono e riappaiono in poche ore è puro caos. Le aziende, nel tentativo di salvaguardarsi, inondano i mercati di veicoli. Il Financial Times ha evidenziato come le case automobilistiche stiano accellerando le spedizioni negli USA, così che quando i dazi verranno effettivamente applicati, le auto già presenti non possano essere colpite.
Dagli Asiatici agli Europei: tutti contro il caos
Lasse Kristoffersen, dirigente della principale compagnia di trasporto veicoli Wallenius Wilhelmsen, ha dichiarato che il volume proveniente dall’Asia è superiore a quanto riescono a gestire. In particolare, produttori asiatici come Hyundai e Kia stanno cercando di inviare il maggior numero possibile di auto negli USA. Anche le case automobilistiche europee stanno seguendo lo stesso schema. Le spedizioni dalla Corea del Sud al Nord America sono aumentate del 15%, con incrementi significativi anche per le navi che partono dall’Europa verso gli USA. Le aziende con stabilimenti in Messico stanno transferendo tutto ciò che possono oltre il confine. È il caso di Stellantis.
La Hyundai, dal canto suo, ha annunciato un investimento di 20 miliardi di dollari negli USA, che includerà una acciaieria da 5 miliardi in Louisiana. Quest’impianto dovrebbe garantire circa 1.500 posti di lavoro e produrre acciaio di nuova generazione per i propri stabilimenti di auto elettriche. Così Trump si fa beffe delle tariffe, un colpo a zero costi.
Secondo i consiglieri economici di Trump, a determinare un surplus costante dell’Europa ci sarebbe anche un tasso di cambio euro/dollaro favorevole per i produttori continentali. Nel 2008, il cambio è arrivato a un picco di circa 1,58 dollari per euro; ora siamo a 1,08. Allora l’UE registrava un deficit nei confronti degli USA. Anche se aumentassero le importazioni di armi dagli USA, il disavanzo scenderebbe solo del 12%. Ridicolo, non trovate?
Il silenzio di Bruxelles e l’illusione delle trattative
Bruxelles, come sempre, insiste su un approccio diplomatico alla questione. “Ogni passo per ridurre la tensione commerciale con gli USA è essenziale. Preferisco tornare al tavolo delle trattative piuttosto che limitarmi ad annunciare misure in maniera superficiale”, ha affermato Christophe Hansen, commissario europeo all’Agricoltura. Ma cosa serve in realtà?!
Se un giorno qualcuno si decidesse a trovare soluzioni concrete, potremmo considerare meno il caos e più una strategia reale. Ma chissà se mai ci sarà un briciolo di interesse per vera competenza e reali necessità delle persone e delle aziende!