Dazi all’italiana, Trump si scopre vittima di tutti e Bruxelles prontissima a contrattaccare con 72 miliardi di motivi per farsi odiare ancora di più

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Che Airbnb generi quasi 20 miliardi di euro nel 2024 in Italia sembra una di quelle notizie che ti fanno chiedere: dove diavolo prende tutti questi soldi? Ma mettetevi comodi, perché la storia è ancora più intrigante.

L’incasso complessivo stimato al 2024 per Airbnb in Italia? Un favoloso colpo da 19,7 miliardi di euro. Ce lo racconta con estrema modestia Matteo Sarzana, il boss di Airbnb per l’Italia e il Sud-Est Europa, durante un evento molto sofisticato al Teatro Petruzzelli, con tanto di giornalista di grido a fare da cicerone. E no, non è una promessa di mercante: secondo i super esperti di un’analisi indipendente, per ogni euro speso su Airbnb, il resto dell’economia italiana si arricchisce con un moltiplicatore da far impallidire qualunque investimento: altri tre euro che girano tra ristoranti, taxi, negozi e altre diavolerie, tutto in nome dell’occupazione con ben 139.000 posti di lavoro a tempo pieno che, chissà come, devono ringraziare un sito di affitti brevi.

Naturalmente, non poteva mancare l’elogio alla presunta salvezza degli immobili dimenticati. Pare che Airbnb abbia il potere magico di risvegliare vecchie case abbandonate e trasformarle in oasi di ricchezza. Una vera manna dal cielo, dal momento che solo l’1,1% del patrimonio abitativo italiano sarebbe destinato agli affitti brevi, con meno dell’1% di case interamente dedicate a questa magia delle locazioni lampo. Mentre il 13% delle abitazioni resta vuoto o sottoutilizzato, una quantità dieci volte superiore, ma nessuno grida all’allarme. Qui la favola si tinge di ironia, perché il mercato era e resta uno spazio gigantesco di case abbandonate, ma Airbnb si presenta come la piccola stella luminosa che fa miracoli.

A inaugurare la parata degli eroi ci sono i famosi “Superhost”, quelli che i clienti amano più di Babbo Natale. Sono cresciuti del 15% in un anno, contando ora 68.000 ambasciatori dell’ospitalità perfetta e con ben 150.000 annunci tutti bellini, controllati, puliti e registrati—un obbligo imposto rigorosamente per regolare il mondo degli affitti brevi, altrimenti caos totale. Grazie a queste rigide regole, le cancellazioni last minute sono calate quasi della metà, perché, si sa, niente è più fastidioso di un host che ti prende per il naso.

Ovviamente, in un Paese dove la burocrazia regna sovrana, ecco la ciliegina sulla torta: dall’arrivo del famigerato Codice Identificativo Nazionale (Cin) a gennaio 2025, gli annunci attivi sono diminuiti del 15%. Qualcuno potrebbe pensare che sia un danno per il business, ma invece è esattamente il contrario: compliance e trasparenza trionfano, o almeno ci provano. Nel frattempo, l’Italia si prepara ad accogliere due eventi planetari di portata epica: il Giubileo in corso e l’approssimarsi delle Olimpiadi Invernali di Milano Cortina 2026. Airbnb, con sommo orgoglio, si è autoproclamata partner di entrambi, pronta a gestire un flusso di visitatori da far tremare i polsi, garantendo ovviamente che i turisti non si ammassino come accattoni in centro, ma si distribuano bene nelle periferie, come si conviene a chi vuole lasciare una traccia “positiva” nel tessuto locale.

E, dulcis in fundo, una confessione da lasciare a bocca aperta: benché Airbnb rappresenti solo una piccola frazione del gigantesco mercato immobiliare italiano — basti pensare al 13% di immobili vuoti o inutilizzati — i profeti del portale sottolineano con vigore che nei centri storici delle città d’arte questa “piccola” presenza cresce sotto una pressione turistica che nemmeno i sovrani dell’Antichità avrebbero immaginato.

Matteo Sarzana ha detto:

“Airbnb sostiene una regolamentazione nazionale equilibrata degli affitti brevi che protegga i centri storici, dia certezza agli host e tuteli le comunità locali.”

Matteo Sarzana, con la modestia che lo contraddistingue, ha offerto la soluzione ai tormenti delle città alle prese con l’overtourism: dare loro finalmente gli strumenti per «gestire i flussi turistici e distinguere chiaramente tra host occasionali e professionali». Perché, ovviamente, senza questa distinzione sarebbe tutto un caos insormontabile.

Ha poi lodato Airbnb come il paladino della trasparenza fiscale, mostrando il suo impegno a raccogliere e versare l’imposta di soggiorno “dove possibile”, assicurando che gli annunci siano diligentemente registrati o esentati, e soprattutto trasmettendo dati alle autorità fiscali per garantire quella tanto amata chiarezza. Non solo: l’azienda è pronta a “collaborare con le istituzioni” per creare un “quadro normativo pragmatico ed efficace”. Tutto questo, naturalmente, a beneficio delle città che potranno così prosperare, mentre nel contempo si tutela quel sacro diritto degli italiani comuni — per metà donne, da quel che dice Sarzana — di incrementare il proprio reddito o pensione con gli affitti. Insomma, un’ancora di salvezza per il Paese da sostenere, non da ostacolare.

La storiella del turismo e delle cause dell’overtourism

Passiamo al tema caldo: l’overtourism. Secondo Airbnb, naturalmente, il fenomeno non è affatto colpa degli affitti brevi — no, no — ma di quei simpatici voli low-cost, delle crociere e dei classici alberghi. Per chi ancora nutre dubbi, ecco i dati “inconfutabili”: Ryanair ha superato i 200 milioni di passeggeri nel 2024 e i turisti da crociera nelle città più ‘cool’ come Barcellona e Amsterdam sono aumentati di oltre il 50% in un solo anno. Fantastico, vero?

Poi arriva il dettaglio tutto italiano, che mette tutti in riga: “Solo a Roma, il 75% dei quasi 50 milioni di pernottamenti del 2023 è avvenuto in hotel o strutture similari”. E dove si piazza allora Airbnb? Sempre nel ruolo del buon samaritano, “aiuta a distribuire il turismo verso le aree rurali o meno servite”. Un’operazione di redistribuzione perfetta che fa sentire tutti un po’ più buoni, no? Infatti, la metà dei pernottamenti in Italia avviene fuori dalle città grandi e il 75% degli ospiti sono famiglie. Che teneri.

E come se non bastasse, ci vengono serviti studi del Politecnico di Torino per allietarci la giornata: nelle piccole comunità, gli annunci su Airbnb farebbero crescere il reddito delle microimprese locali fino al 23% in quattro anni. Ma non finisce qui, perché il 38% della spesa dei turisti in queste zone rimarrebbe miracolosamente sul posto, contribuendo a combattere lo spopolamento e a promuovere quello che loro chiamano “turismo sostenibile”.

Insomma, niente paura: Airbnb è qui a salvarci tutti, a dispetto di ogni evidenza che magari vorrebbe vedere un mondo dove gli hotel, le compagnie low-cost e le crociere non siano i veri colpevoli dell’assalto turistico. Ma si sa, se lo dice Matteo Sarzana, non si discute.

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