Emergono nuovi misteri degni di un romanzo noir intorno alla valigetta 24 ore, protagonista inattesa della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di David Rossi. La suddetta valigetta, quel piccolo scrigno squadrato di intrighi, è stata ricordata durante l’audizione di Nicola Sodano, ex presidente di Palazzo Te a Mantova, dove Rossi era vicepresidente. Sodano, con la leggerezza di chi ha scambiato una battuta col destino, ha svelato che Rossi portava sempre con sé una valigetta che paragonava scherzosamente alla ‘valigetta del presidente degli Usa per la bomba atomica’. Rossi, ridendo, gliel’aveva negato ma aveva ammesso che dentro c’erano “cose importanti”. Magnifico, vero? L’aggiunta? La valigetta era sempre chiusa, e a volte i documenti sull’attività di Palazzo Te stavano altrove, magari in qualche cartellina di cartone. E non solo: secondo Sodano, Rossi non si limitava a Mantova, ma faceva puntate pure a Brescia e Viadana.
Come se non bastasse, la Commissione, presieduta dal deputato di Fratelli d’Italia Gianluca Vinci, ora vorrebbe proprio fare luce su dove sia sparita la famosa valigetta e qual era il suo reale contenuto. Perché, come fa notare Vinci, l’unico precedente richiamo a questa valigetta in tutta la vicenda risale a un’intervista de ‘Le Iene’ nel lontano 2017. E c’è di più: secondo altri testimoni da Mantova, Rossi non si spostava mai nelle filiali bancarie, dunque la vera domanda diventa “Dove andava con quella valigetta, se non in un’altra banca?”. Ma pensate bene che il nostro caro David avesse la comodità di un ufficio segreto in Palazzo Te per custodire documenti riservati: niente affatto, quel lusso era negato. Questa situazione getta così una luce inquietante sulla valigetta, il suo contenuto e, soprattutto, sulla sua misteriosa sparizione.
La valigetta e le ombre su una doppia vita
Secondo Vinci, da sempre ridotto ingenuamente a mero “uomo della comunicazione” di Monte dei Paschi di Siena, Rossi nascondeva un’altra identità: l’uomo delle sponsorizzazioni. La Commissione, oltretutto, non sembra affascinata dalla teoria che si tratti di un suicidio legato alle sue attività professionali di comunicazione. Vinci lo dice chiaro e tondo, con quella flemma che fa riflettere: il movente – qualunque sia la sua natura – deve essere qualcosa di molto più potente e oscuro.
Intanto i lavori proseguono, e martedì è prevista un’altra audizione, questa volta rigorosamente segreta. Dicono che ascolteranno una persona mai sentita prima, che ha chiesto di restare completamente anonima. Se non è la trama di un film spionistico, poco ci manca.



