COP30 il Parlamento europeo mette in fila le priorità perfette per far finta di agire sul clima mondiale

COP30 il Parlamento europeo mette in fila le priorità perfette per far finta di agire sul clima mondiale

Nella solenne arte dell’autocompiacimento, la commissione per l’ambiente, la sanità pubblica e la sicurezza alimentare ha pensato bene di redigere una risoluzione approvata dall’intero Parlamento europeo con il gesto eroico dell’alzata di mano, perché tanto, chi osa dissentire? In questo capolavoro di buoni propositi, si ribadisce come l’Unione Europea debba continuare a essere la regina indiscussa delle chiacchiere sul clima, guidando con mano ferma i negoziati internazionali e facendo in modo che ogni singolo settore, dal caffè al cemento, si impegni a tagliare le emissioni e raggiungere la mitica neutralità climatica.

Insomma, l’Europa deve puntare a obiettivi così ambiziosi da far impallidire persino le migliori previsioni meteorologiche, senza dimenticare però la triade sacra della politica: “efficacia dei costi”, “competitività economica europea” e “inclusione sociale”, il tutto condito con una spruzzata di “alta tutela ambientale” per non farci mancare niente. Una vera e propria formula magica per risolvere *tutti* i guai del pianeta – naturalmente senza interrompere quel dolce flusso di sussidi concessi con generosità alle industrie dei combustibili fossili, di cui parleremo più avanti.

Inoltre, i nostri intrepidi deputati chiedono che ogni Paese del mondo partecipi con equità al finanziamento climatico, perché la solidarietà internazionale fa sempre bella figura nelle dichiarazioni ufficiali. E, per carità, non dimentichiamo i poveri Paesi vulnerabili schiacciati dal debito, a cui va prestata tutta la nostra compassione – almeno finché le procedure burocratiche impediscono loro di accedere agilmente ai fondi promessi. Una semplificazione delle regole? Ah, l’utopia!

Poi arriva il colpo di scena: l’Unione è chiamata a dire addio alla sua relazione complicata con i combustibili fossili. Via sussidi, via dipendenze, acceleriamo la transizione energetica come se fosse una gara da Formula 1. Peccato che, fino a ieri, questi sussidi fossero un capo saldo della “competitività” di cui sopra. E ovviamente, la comunità internazionale, sempre così attenta e puntuale, è invitata a focalizzarsi sull’aspetto climatico dei conflitti, perché finora era un dettaglio secondario da dimenticare tra una conferenza e l’altra.

Un palcoscenico troppo importante per non essere sfruttato

La 30ª conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, o COP30 per gli amici, si terrà nella bellissima città di Belém, in Brasile, dal 10 al 21 novembre 2025. Una delegazione dell’Parlamento Europeo, guidata dalla infallibile presidente Lídia Pereira del PPE e dal vicepresidente Mohammed Chahim del gruppo S&D, parteciperà dal 17 al 21 novembre a questo festival delle buone intenzioni.

La COP30 avrà il grande compito di ricordare a tutti quanto sia essenziale limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5°C – un traguardo ormai tanto sfuggente quanto un unicorno nel deserto – e di esigere nuovi piani d’azione nazionali, i cosiddetti “contributi determinati a livello nazionale” (NDC), quelli che dovrebbero salvare il mondo ma spesso restano carta straccia nei cassetti.

Non mancheranno i consueti aggiornamenti sugli impegni finanziari presi a COP29, che più che reali sembrano promesse da luna di miele: tutte chiacchiere, abbracci e dichiarazioni di principio senza una vera garanzia di fondi concreti. Ma almeno l’atmosfera sarà perfetta per selfie, discorsi altisonanti e qualche dichiarazione dalla retorica impeccabile.

A ben vedere, è questo il perfetto teatro del clima: tanto rumore, grandi proclami e tanta convinzione di fare la differenza, mentre sotto il tappeto nazionale e internazionale continuano a giocare interessi, sussidi e contraddizioni assortite. E noi, spettatori, aspettiamo il prossimo atto con un misto di scetticismo e amara ironia.

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