Il supremo genio del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, ci regala un’altra perla di saggezza: una lettera aperta ai cosiddetti “leader progressisti” europei, invitandoli a un summit a l’Aia proprio nei giorni caldi del vertice della NATO, il 24 e 25 giugno. Perché riunirsi? Ovviamente per discutere su quanto sia meraviglioso contrapporsi all’aumento delle spese militari, un’idea chiaramente utile e senza alcuna conseguenza reale sul nostro futuro.
Non allarmatevi: il partito olandese SP ha prontamente risposto all’invito, offrendo una sala nel Parlamento di Amsterdam – perché un paragone migliore di quanto accade tra Bruxelles e i Palazzi della NATO non poteva esserci, vero? Qui, Conte si lancia in cifre da capogiro, lamentando che se la proposta di spesa per difesa schizzasse al 5% del PIL europeo, i Paesi europei della NATO avrebbero un plus di 500 miliardi di euro l’anno, quasi triplicando i costi attuali. Trepidiamo.
Se questo non bastasse a farci tremare, Conte soffia anche sul fuoco dicendo che un aumento “contenuto” al 3,5% significherebbe comunque caricarsi di altri 270 miliardi. Ah, il bivio storico: stare dalla parte della ragione o della “sicurezza”?
L’ex premier si diverte poi a smascherare la meravigliosa inconsistenza dell’Unione Europea, definendola “divisa e litigiosa”. Peccato che l’inconsistenza sia frutto di una fioritura di interessi nazionali e di una politica estera comune che assomiglia più a un surreale gioco delle tre carte. Secondo lui, l’Europa risponde ai dilemmi geopolitici con un “pericoloso Piano di Riarmo” lasciato alla discrezione dei singoli Stati membri, quasi uno scherzo da pre-adolescenti.
Sembra poi molto preoccupato del fatto che già tredici Paesi avrebbero chiesto alla Commissione europea di utilizzare la clausola di salvaguardia per mobilitare più fondi militari. Ma siamo certi che chiunque pensi che la sicurezza si compri rinunciando a sanità, istruzione e trasporti pubblici non stia cantando fuori dal coro? Probabilmente sì.
Secondo questo paladino della coerenza, dirottare denaro su carri armati e fucili significherebbe togliere risorse a sanità, scuole, trasporti e piccole e medie imprese, mettendo a rischio “la tenuta economica e sociale” – ma soprattutto, rendendo la popolazione più vulnerabile. Se non è un capolavoro di analisi, che cos’altro?
Conte non manca di condannare con eloquente fermezza quell’idea insensata per cui “riarmo = sicurezza”. E qui arriva la chicca: secondo lui, sarebbe esattamente il contrario. Per fortuna, tra un post su un social e l’altro, qualche leader europeo si starà già chiedendo come mai l’invio di soldati, missili e battaglioni di carri armati non sia la panacea universale.
Insomma, un appello profondo, carico di realismo, che sa quasi di invito a un picnic contro la realtà geopolitica e militare del nostro tempo. Nel frattempo, da qualche parte nell’Unione Europea, mentre ci si scambiano gli inviti per la festa di protesta, ci si chiede se sia più conveniente mantenere il conto dei soldini da spendere in caserma o in asilo nido. Sfido io chi vincerà.
Ah, la brillante idea di imboccare una strada alternativa, come se ridiscutere per settimane non fosse già abbastanza complicato. Ecco il verdetto: «In assenza di un vero dibattito pubblico sia europeo che nazionale, stiamo assistendo in poche settimane alla trasformazione del nostro caro welfare europeo – quello stesso per cui abbiamo speso decenni di fatiche – in warfare, ovvero in guerra. Sembra quasi che le vite dei nostri giovani, insieme a ogni decisione politica, debbano ora piegarsi a una “economia di guerra”, quel meraviglioso meccanismo che, per garantire gli introiti delle industrie militari, necessita sempre di più conflitti e di un’Europa radicalmente lontana dalla sua vocazione originaria: sicurezza tramite dialogo e pace, crescita sociale, tutela dei diritti. Ovviamente, tutto questo orribile scenario è da considerarsi inaccettabile, e noi, che abbiamo la “fortuna” di rappresentare la politica ma soprattutto di essere cittadini europei, abbiamo il dovere, quasi morale, di non rassegnarci. E non solo noi, ma anche le folle che invaderanno le piazze per gridare che, miracolosamente, un altro futuro è possibile.
Da qui parte il consueto appello da manuale ai leader dei partiti progressisti: «Mi rivolgo a tutti i rappresentanti politici europei contrari a questa folle corsa al riarmo, convinti che il momento di agire sia proprio ora e persuasi della necessità di difendere i valori eterni della pace e del dialogo fra i popoli. Uniamoci a L’Aia proprio in quei giorni decisivi per dare finalmente voce a un’altra concezione di Europa. Discutiamo, confrontiamo, dialoghiamo a L’Aia per ricostruire quel futuro che proprio questa scellerata corsa al riarmo sta mettendo a rischio. Ci vediamo il 24 giugno alle 14:00 presso la sede del Parlamento olandese a L’Aia. Grazie agli amici del Partito Socialista olandese – il capitan Jimmy Dijk, la Presidente Lieke van Rossum e il responsabile internazionale Gerrie Elfrink – per averci gentilmente concesso uno spazio in cui dar vita a questo confronto: saremo in una delle case sacre della democrazia europea, mentre a pochi passi di distanza i nostri governanti si apprestano a prendere decisioni che rischiano di sancire il nostro destino sotto il segno del riarmo e di immani scenari di guerra».