Andrea Orcel, l’Amministratore Delegato più ambizioso di Unicredit, aveva un sogno da grande: mettere le mani sulla Germania. O almeno su Commerzbank. Ma, sorpresa sorpresa, il governo tedesco ha risposto con un classico “questo è mio e non si tocca”, smorzando qualunque velleità italiana prima ancora che potesse realizzarsi. Sembra proprio che l’idea di un italiano al timone della seconda banca di Francoforte provochi più incubi a Berlino di un film horror notturno.
Lars Klingbei, il ministro delle Finanze tedesco (e a quanto pare anche scrittore di thriller bancari), ha verbalmente sbattuto la porta in faccia al “cavaliere italiano”. Il motivo? Perché Commerzbank deve rimanere “indipendente” – leggi: sotto controllo tedesco, senza fastidiosi intrusioni straniere. La motivazione ufficiale? L’istituto è “di importanza sistemica”. Tradotto: “ci piace così com’è, soprattutto se gli italiani stanno alla larga”.
Nel frattempo, Orcel non si è certo arreso seduto sul divano. Da vero maestro del Monopoli finanziario, ha iniziato a fare shopping di azioni come se fossero carte da collezione: 9,5% nel 2024, poi su fino al 20%, grazie a un po’ di sorniona magia con equity swap con la collaborazione di Bank of America e Barclays. A colpi di derivati, il suo pezzo di torta è salito addirittura al 28% temporaneamente, fregandosene dello Stato tedesco fermo al 12%. Perché si sa, non c’è niente di più fastidioso per un padrone di casa che vedere un ospite impadronirsi del telecomando.
L’obiettivo era nobile e sognante: dare vita a un campione europeo della banca. Peccato che la realpolitik tedesca abbia suggerito ben altro copione: l’Europa bancaria va bene, ma solo se a guidare il mezzo resta Berlino. Se Orcel ha provato a insistere, ciò che ha raccolto è stato più un secco “Nein” che un timido “Ja”.
Adesso, il nostro eroe italiano si trova a un crocevia che nemmeno la migliore delle serie tv tedesche saprebbe rendere più drammatico. Riuscirà Unicredit a ritrovare la via del compromesso, cambiare strategia o inventarsi un colpo da maestro? La risposta non è banale, visto che in Europa fare fusioni transfrontaliere sembra ancora un’avventura degna solo dei più coraggiosi, o di chi ama alleanze improbabili. Per ora, la Germania ha fatto sentire la sua voce. E non in sordina. Megafono alla mano.