Luca Ciriani, il ministro per i Rapporti con il Parlamento di Fratelli d’Italia, ha deciso di regalarci un altro capolavoro di logica parlamentare. Perché, si sa, quando gli italiani arrancano per arrivare a fine mese, cosa c’è di meglio che proporre la settimana corta per i parlamentari, dal lunedì al giovedì, mantenendo intatto lo stipendio? Geniale mossa harakiri? No, assolutamente no. Piuttosto, un’ipotesi a margine di una conferenza dei capigruppo, nda, per collocare alcune interpellanze urgenti il giovedì sera. Così i deputati potranno sentirsi importanti, partecipare di più e magari sentirsi pure più produttivi. Il calendario della Camera? Rimane immutato, perché lavorare meno nemmeno si considera.
E come si traduce “lavorare di più”? Sempre secondo Ciriani, si prepara un agosto bollente: cinque nuovi decreti da convertire in legge, con scadenze che rischiano di far sembrare Ferragosto un giorno qualunque. Defezioni? Tempo perso? Roba da fantascienza, perché per il Parlamento sarà lavoro a pieno regime almeno fino all’8 agosto. Peccato che sembri tutto un esercizio di urgenza e unità d’intenti a scadenza fissata dal calendario dei decreti, non dall’agenda dei cittadini.
Per le riforme — perché ovviamente il cosiddetto “premierato” è ancora la pietra angolare delle loro velleità — niente da fare a luglio: troppe leggi da varare, troppi decreti da svuotare, e il calendario si piega alla tirannia dell’urgenza. Il premierato slitta a settembre, appeso alla speranza che allora ci sia tempo e voglia di affrontarlo davvero. Con buona pace di chi sperava in qualcosa di più sostanzioso durante l’estate.
Nel frattempo, si va avanti a colpi di decreto, trasformando il Parlamento in un inesorabile passacarte. Una roba da manuale delle cose più efficienti: bisogna fare tutto in fretta, rispondere ai bisogni del Paese. Ma attenzione, questa urgenza non è una novità targata FdI, anzi, dei governi precedenti si seguono le orme a passo spedito.
Ma fin qui tutto sembra un meccanismo ben oliato. Poi arriva la chicca: fra i cosiddetti “ostacoli” da superare c’è pure la storica necessità di attendere 24 ore prima di votare una fiducia… e solo alla Camera. Una regola antico-novecentesca che però nessuno osa toccare, perché si sa, tradizione è tradizione, anche se ti inchioda.
Quando meno è più o forse no
Così, mentre il Parlamento ci illude con settimane a quattro giorni di facciata, con deleghe distribuite a piacere e decreti a cascata, la realtà è che la tanto decantata efficacia si traduce in un problema strutturale: la pretesa che la rapidità formale salvi la sostanza è pura fantasia.
La settimana corta per i parlamentari a stipendio pieno non è altro che una bandiera da sventolare per distrarre l’opinione pubblica, mentre il Parlamento si trasforma a tutti gli effetti in un ufficio approvazioni lampo di atti che raramente vengono discussi approfonditamente.
Un sistema nato zoppo e che si autoalimenta, dove la riforma è una promessa vaga da rimandare, mentre decreti infiniti si susseguono senza sosta, costruendo l’illusione di un Parlamento operativo, quando in realtà assistiamo a una staffetta di norme da promulgare in tempi da record ma senza il minimo entusiasmo né passione per il dibattito.
In conclusione: magicamente tutto cambia per non cambiare nulla
Insomma, nulla di nuovo sotto il sole: il Parlamento lavora a ritmi imposti, tra settimane corte per pochi eletti e settimane lunghe di indecisioni per il resto, in un clima di urgenza costante che sembra più uno spettacolo truccato per nascondere inefficienze e inesistenti riforme.
Il ministro per i Rapporti con il Parlamento? Assicura impegno, lavoro e riforme dopo l’estate, ma fino ad allora ci si accontenti di decreti a catena e di qualche escamotage per far sembrare tutto più… produttivo. E nel frattempo, la vera settimana corta riguarda soltanto il lavoratore medio, mica i deputati.