Per l’ennesima volta, e chi lo avrebbe mai detto, i parlamentari del Partito Democratico si trovano a fronteggiare una decisione presa dalla segretaria senza nemmeno un consiglio consultivo. Martedì, Elly Schlein ha fatto il suo ingresso trionfale, accompagnata da Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, annunciando l’imminente presentazione di una mozione che è tutto un programma: anti Netanyahu e pro riconoscimento dello Stato palestinese. Che misto di audacia e mancanza di rispetto per le tradizionali dinamiche interne del partito!
Ma attenzione! Non è tanto la sostanza della questione, perché, diciamolo, sul merito della critica alla politica del premier israeliano c’è un così ampio consenso nel PD che potremmo definirlo come il “gioco delle parti”. Qui il caffè è forte, ed è proprio di metodo che si lamentano i parlamentari: «Non siamo stati coinvolti in nessun passaggio», è il coro lamentoso di chi, evidentemente, ama sentirsi parte del processo decisionale. E i riformisti, che novità! Aggiungono che ormai si sentono «liberi» di fronte a eventuali voti in Aula. Bene, bene, un bel verdetto, no?
La mozione ora è alla Camera. Ma non tutto è così semplice: mentre al Senato il coordinatore della minoranza di Energia Popolare, Alessandro Alfieri, aveva già messo in pista un testo più soft sul riconoscimento dello Stato palestinese, Schlein ha pensato bene di calcare la mano con un documento più incisivo. E che dire, il tempismo è quello giusto: ha avvertito Alfieri lunedì dell’iniziativa su Israele, giusto per rendere tutti un po’ più nervosi senza eccesso di onestà intellettuale. Ma ciò non ha evitato che gli animi dei parlamentari si scaldassero: evidentemente, i capigruppo delle commissioni competenti sono stati tenuti all’oscuro della stesura del testo come se fossero semplici passanti nella vicenda.
Ma i riformisti non ci stanno nemmeno a passare in secondo piano: non apprezzano di essere stati messi al margine, al punto che si sono ritrovati con un’iniziativa limitata a M5S e Avs. E chi lo avrebbe mai previsto? Ottenere le firme di +Europa o di Azione su una mozione del genere sarebbe stata un’impresa titanica, tanto che il partito di Calenda ha annunciato la presentazione di un proprio testo. E non possiamo dimenticare Italia Viva, che si sta comportando come un cane che abbaia senza mai mordersi. Matteo Renzi, per ora, ha scelto di non contrapporsi al PD, ma è solo questione di tempo prima che decida di far saltare questa tregua fragile come un vetro fragile: ha lanciato una sfida a un “faccia a faccia” che fa già presagire scintille, vero?
Riguardo al Jobs Act, sorprendentemente, Maurizio Landini, il grande leader della Cgil, ha optato per una risposta aggratis, senza smentire. Un bel modo per contribuire al dibattito, non credete?
Questo famoso “metodo” di cui si parla incessantemente, ma a quanto pare non il “merito”. Graziano Delrio, il quale, mercoledì scorso, ha partecipato ad un convegno tanto esilarante quanto presuntuoso organizzato da Ivan Scalfarotto di Iv, in compagnia del dissidente palestinese Hamza Howidy, è fermamente convinto che il testo in questione abbia dei difetti non trascurabili. Non ci voleva un laureato in filosofia per capirlo, eh?
Ha spiegato ieri a qualche collega senatore, in un’intervista non richiesta: «Appoggiare il popolo palestinese significa premere per la liberazione degli ostaggi e per l’esclusione di Hamas dalla gestione della Striscia, dove comanda con un colpo di Stato dal 2007, cioè stare con il piano arabo appoggiato anche dalla Ue». Incredibile, vero? Una vera lezione di diplomazia monca! E se non vi basta, c’è di più: «Le responsabilità del governo Netanyahu sono gravissime, ma bisogna essere ‘equivicini’ ai due popoli presi in ostaggio da fanatismi religiosi e violenti». Insomma, una palese incapacità di dire una parola chiara, tipica di chi cerca di far contenti tutti in un contesto di crisi.
Pertanto, i problemi nel Pd rimangono tangibili, specialmente sulla politica internazionale, tanto che Andrea Orlando si è spinto a invocare un… udite udite… «chiarimento». Ah, il dramma della chiarezza in tempi così confusi!
E, a proposito di questo, non è sfuggito tra le fila dei dem che al convegno di Scalfarotto, oltre a una nutrita schiera di riformisti, ci fossero anche esponenti di altre trasversali correnti politiche, come Walter Verini, Sandra Zampa e Antonio Nicita. Ma certo, perché non mixare un po’ di tutto in nome della “coesione”?