Casapound ci racconta come occupare casa non sia affatto un reato, scocciatevi pure

Casapound ci racconta come occupare casa non sia affatto un reato, scocciatevi pure

Dall’illegalità conclamata alla presunta assenza di conseguenze, CasaPound si cimenta nell’arte dell’autogiustificazione provando a smontare quei “luoghi comuni” sull’occupazione che ormai tutti conoscono, in un video del portavoce nazionale Luca Marsella diffuso sul loro canale Telegram. Ammettono candidamente che occupare è un reato, e che c’è un processo in corso, ma guai a pensare che la legge possa essere davvero applicata: lo stato di necessità dei residenti dovrebbe, secondo loro, esentare da ogni colpa.

“Non siamo come tante altre occupazioni,” dichiara con la voce piena di zelo Marsella. “Qui nessun altro reato è stato mai commesso e la convivenza con il quartiere è sempre stata un’esperienza idilliaca.” Insomma, un paradiso terrestre in mezzo al caos urbano.

Il tema dell’“impunità”, poi, è per loro una favola da smentire: “È completamente falso che non abbiamo mai pagato il prezzo delle nostre azioni”, si sente nel video. Licenze poeticamente invertite, se si pensa che hanno accumulato un bel po’ di procedimenti negli anni, l’ultimo dei quali – e fin qui applausi – si è concluso con una condanna non definitiva a due anni e due mesi, che definiscono la “pena più severa mai comminata per un’occupazione a Roma”. Meraviglioso.

Quanto all’accusa di usare l’immobile come quartier generale politico abusivo, si difendono dicendo che al momento dell’occupazione lo stabile era da tempo abbandonato. “Solo poche stanze sono destinate ad attività politiche, il resto serve ad abitazioni,” racconta Marsella, citando persino i verbali del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica come prove assolutorie. Davvero un documento da leggere con occhiali rosa.

Ovviamente non poteva mancare la denuncia della vita “a spese dello Stato”. “La realtà è molto diversa,” ribadiscono con convinzione. Nel condominio vivono famiglie disperate, qualcuna con qualche reddito, ma insufficiente per coprire affitto o mutuo, soprattutto se ci sono figli a carico. Insomma, la loro giustificazione ultima è il magico slogano dello “stato di necessità”. Che tradotto significa: facciamo quel che ci pare e se qualcuno si lamenta, abbiamo la scusa perfetta.

Quanto al fantomatico danno erariale da oltre 4 milioni di euro, beh, secondo il movimento quei calcoli sarebbero “inadeguati” e non tenere conto del “risparmio per lo Stato”, perché nessuno ha dovuto affrontare l’emergenza abitativa né pagare la manutenzione. Verrebbe quasi da dire che se in uno stabile non si paga nulla e nessuno ne gode veramente, in fondo è un affare per tutti. Nel processo, infatti, si è stabilita una cauzione di soli 20mila euro, rimandando al giudice civile la definitiva quantificazione del danno. Insomma, un gioco di prestigio contabile degno di un mago del risparmio pubblico.

Ai soliti attacchi di “occupazione fascista”, CasaPound risponde liquidi: “Ispirarsi al fascismo non è un reato; reato è fare apologia e usare la violenza per rifondare un partito – cosa che qui non è mai successa.” Una precisazione che suona più come un invito a non disturbare chi prova a riscrivere la storia a proprio piacimento.

Infine, arriva l’apertura dal cuore dell’ottimismo. Citano persino il ministro della Cultura, che avrebbe suggerito di riportare la vicenda nell’alveo della legalità. “Noi siamo favorevoli,” annunciano compunti. E infatti, dicono, avevano pure invitato l’Agenzia del Demanio a trovare una soluzione condivisa. Forse, dicono, è giunto il momento di mettersi d’accordo. Un invito alla “pace armata” che, tra un’autogiustificazione e l’altra, lascia capire che il teatrino del diritto e della politica ha ancora molto da offrire.

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