Decine di migliaia di persone si preparano a invadere Budapest questo sabato, mentre il governo ungherese gestisce la situazione con la solita delicatezza di un elefante in cristalleria. Da una parte, la piazza dell’“Europa dei diritti”, dall’altra quella della “democrazia illiberale” incarnata dal primo ministro Viktor Orbán. Che, inutile dirlo, è pronto a dimostrare come si possa proteggere i minori vietando manifestazioni LGBTQ+ – un metodo educativo senz’altro rivoluzionario.
La scintilla che ha ridato fuoco alle polveri è il Pride cittadino, promosso dal sindaco progressista Gergely Karácsony, la cui parata sfilerà allegramente davanti al palazzo comunale di Budapest. Il cast? Oltre 60 eurodeputati antisovranisti e leader italiani come Elly Schlein e Carlo Calenda, accompagnati da una sfilata politica degna di un festival dell’ipocrisia: M5S, Avs, Italia Viva e +Europa, tutti uniti nella lotta contro il governo ungherese. Una scelta mica da poco, visto che appena a marzo lo stesso esecutivo ha messo il veto proprio sulle manifestazioni LGBTQ+ per “salvaguardare i giovani”.
Ah, ma non finisce qui. La guerra ai diritti, infatti, è cominciata nel 2021 e si è articolata in leggi che proibiscono di esporre pubblicamente qualsiasi “divergenza dall’identità corrispondente al sesso alla nascita”, inclusi cambio di sesso e ovviamente omosessualità. Per rendere il tutto più spassoso, il governo ha introdotto la scansione facciale per qualsiasi reato immaginabile, quali partecipare a un raduno vietato come il Pride. D’altronde, cosa c’è di più rassicurante di un Grande Fratello che ti osserva mentre eserciti il tuo diritto alla libertà di espressione?
Il clima nella capitale è di quelli da settimana nera: da una parte i manifestanti, dall’altra l’ultradestra che si prepara a lanciare due contromanifestazioni con l’obiettivo di infilarsi nel corteo LGBTQ+ e seminare un po’ di caos. In mezzo, la solita dose di tensione palpabile nell’aria. Perfetto per chi ama lo spettacolo della democrazia che si trasforma in un ring di pugilato senza regole.
Viktor Orbán non ha perso tempo a gettare benzina sul fuoco, servendo dichiarazioni degne di un manuale di come mettere pepe in una crisi politica:
“Le leggi sono chiare, chi non rispetta le regole sta partecipando a un evento vietato dalla legge. Per chi sbaglia ci saranno conseguenze legali, ma speriamo non si arrivi a livello di violenza fisica.”
Tradotto: se vieni al Pride e ti becchi una denuncia, chi può dirlo, potresti anche beccarti un bello schiaffone moralizzatore, però con garbo, senza esagerare. Poi, perché fermarsi qui? La critica feroce si estende alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, che secondo Orbán starebbe maltrattando l’Ungheria come se fosse una sua colonia, evocando nostalgie sovietiche degne di un romanzo distopico.
“Io rispetto lo stato di diritto e la tutela dei diritti delle minoranze che sono a fondamento dell’Europa. Se Orbán non li rispetta, si accomodi fuori dall’Europa.”