Bresciani e il voto: una tradizione di indifferenza che sfida la storia

Bresciani e il voto: una tradizione di indifferenza che sfida la storia

Strano come le cose cambiano nel tempo, vero? Una volta, andare a votare sembrava un evento quasi festivo, con l’80% o addirittura il 90% degli aventi diritto ai seggi, indipendentemente dal referendum in ballo. Oggi, con che entusiasmo si può dire che abbiamo raggiunto il 21% di affluenza? Solo nel 2022, questo è stato il risultato. Mettendo a confronto il dato con il bresciano, che chissà perché dovrebbe essere diverso, ora è come cercare un ago in un pagliaio.

Ricordate il referendum del 2016 sulle trivellazioni offshore? Ah, che tempi! Un’affluenza nazionale del 32%, e nel bresciano? Inferiore al 30%. Ma che sorpresa, eh? Solo un referendum, nel corso degli ultimi anni, ha superato la soglia del 50%, ed era quello sull’acqua bene comune del 2011. E indovinate un po’? Nonostante le grida e le sirene della disinformazione, riuscì a toccare un’enfasi del 57% a livello nazionale e il 54% a Brescia.

Curiosamente, ma non così tanto, gli unici due referendum che hanno fatto il colpaccio superando il 50% sono stati quelli costituzionali. E indovinate? Erano confermativi, quindi, tecnicamente non avevano nemmeno bisogno di raggiungere una soglia minima, eppure… eccoli lì a farci sentire irati. Nel 2020, riguardo alla strana idea di diminuire il numero dei parlamentari, l’affluenza si aggirava attorno al 54% (52% a Brescia, cortesia che non può certo essere ignorata).

E non scordiamoci del referendum del dicembre 2016, che ha visto una corsa trionfale con un’affluenza del 68%. Percentuali che oggi ci fanno sorridere, per non dire ridere, dato che non si raggiungono nemmeno durante le elezioni politiche. E in questa corsa? Brescia ha addirittura sfondato il 76%! Ovviamente, quel referendum era diventato qualcosa di politico. Un banco di prova per i pro e contro di Renzi e la sua adorata amministrazione. I No? Oh, raggiunsero il 59% e Renzi, beh, si è schiantato, ha mollato la poltrona e la sua carriera ha iniziato la sua triste deriva.

Immaginiamo di trovarci di fronte a un leader di un piccolo partito centrista, che, tra un caffè e l’altro, riflette sull’affluenza alle urne. Davvero una novità! L’affluenza, si sa, è sempre stata un elemento altalenante nelle nostre elezioni, come un pendolo impazzito che non riesce a trovare mai la giusta misura. Quando le elezioni sembrano importanti, oddio, miracolo! Gli elettori si affollano, quasi come se fossimo tutti in fila per una promozione irresistibile al supermercato.

Ora, Brescia, regina dell’affluenza, una città che solitamente si distingue per un tasso di partecipazione che farebbe invidia a molti, svela il suo lato ondivago quando si parla di referendum. È paradossale, vero? Mentre il voto politico e amministrativo mostra una fedeltà che supera la media nazionale (tra i cinque e i dieci punti in più, a seconda dell’evento), ai referendum i bresciani sembrano divertirsi a rimanere a casa, addirittura meno coinvolti rispetto ai loro connazionali. Chissà perché!

È difficile fare previsioni su come andrà questa volta, ma possiamo scommettere che la soglia del 50% di partecipazione è più evanescente di un sogno al mattino. Certo, nel 2011, anche la questione dell’acqua sembrava essere una di quelle “cose importanti”, eppure i bresciani ci hanno deluso ancora una volta. Che emozioni indescrivibili!

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