L’estate si conferma un vero e proprio festival del botulismo, quell’insidiosa intossicazione alimentare causata dalle tossine di Clostridium botulinum, batteri che colpiscono senza pietà diverse tipologie di alimenti. Un evento raro, certo, ma quando arriva mette in scena drammi potenzialmente letali, come tristemente dimostrato dai tre decessi recenti in Sardegna e Calabria. L’epidemia di tisana tossica artigianale, voluta o casuale, è il blockbuster dell’estate.
L’Italia si fregia di un primato poco ambito: è il Paese europeo con il maggior numero di casi di botulismo. E come se non bastasse, ben l’80% di questi disastri si gioca sulle conserve fatte in casa, quelle fatte con il cuore ma evidentemente senza troppa testa. Dalle verdure sott’olio ai salumi, passando per sughi di pomodoro e pesto, se la tecnica è imprecisa, si rischia grosso.
Gli esperti, con fare pacato e sornione, mettono in guardia: non è mica la cottura a risolvere il pasticcio. L’acidità gioca un ruolo da protagonista, ecco perché marmellate e confetture sono considerate praticamente innocue, grazie all’acido della frutta e allo zucchero che a sorpresa risultano perfetti alleati nell’annichilire il botulino. Ma attenzione: la magia dura solo se si mantiene la proporzione esatta fra frutta e zucchero, o se si aggiunge un bel po’ di succo di limone o pectine. Il tutti salvi? Macché, basterebbe un controllo scrupoloso del barattolo prima di aprirlo: tappi deformati o privi di sottovuoto sono il biglietto d’ingresso al ballo del botulismo.
Quando si passa agli insaccati, prepara il naso. Quelle innocenti zone verdastre, il rammollimento sospetto e gli odori sgradevoli non sono un omaggio francese, ma segnali chiari e tondi che il botulino potrebbe aver fatto il suo nido. Happy hour interdetto per chi produce a casa: i prodotti industriali, grazie all’uso sapiente di nitrati e nitriti, si tengono alla larga dal rischio, ma la tradizione casalinga, ahimè, non ha questa fortuna.
E per il pesce? Si consiglia una piccola, simpatica scure: eviscerare tonno, sgombro e compagnia bella appena pescati o acquistati, per evitare di regalare al botulino l’ambiente perfetto per proliferare. Perché non si tratta proprio di un ospite piacevole.
Per chi crede che un passaggio ad alta temperatura risolva ogni problema, ecco la doccia fredda: le spore di Clostridium botulinum sono robuste come pochi altri batteri, resistono a pasteurizzazioni fra i 70 e i 100°C. Il problema vero si agita nell’ambiente anaerobico, senza ossigeno tipico dei vasetti, con un’acidità insufficiente (pH superiore a 4,6) e temperature miti che favoriscono la loro germinazione e diffusione. Il pastore del buon senso ci ricorda che la sicurezza nelle conserve artigianali è un’equazione complicata, e il minimo errore può trasformare la dispensa in una trappola mortale.
Dunque, se amate le conserve di casa, occhio: la cura, il metodo e la verifica sono più importanti di quanto pensiate. Il botulismo, si sa, non fa sconti e non guarda in faccia nessuno, nemmeno chi prepara confetture con amore e dedizione. Meglio prevenire che curare, o si rischia che l’estate finisca in tragedia tra vasetti esplosivi e intossicazioni evitabilissime.
Per chi si cimenta nell’arte nobile del conserva-fai-da-te, sperando di riportare in vita le delizie della stagione in un vasetto, ecco il piccolo dettaglio che nessuno si prende la briga di spiegare: bisogna sottoporre i vasetti a temperature da sauna turca, intorno ai 121°C. Un’impresa epica da realizzare in cucina, a meno che non si abbia la pentola a pressione degna di un laboratorio scientifico. Prima di tutto, dopo aver mondato e tagliato le verdure con la precisione di un chirurgo, bisogna immergerle in una pozione bollente di acqua e aceto, dosata con la saggezza di un alchimista (60:40), per almeno 2-3 minuti. Poi arriva il colpo di genio: l’olio extravergine, da aggiungere senza lasciare nemmeno una bollicina d’aria, perchĂ©, si sa, l’aria è la nemica giurata della sicurezza alimentare.
Se invece, all’apertura del prezioso vasetto, vi accorgete di un fetore che nemmeno la discarica piĂą profumata, o scorgete muffa, o il tappo sembra gonfiarsi come palloncino, o ancora la superficie accoglie una schiuma degna di una birreria, allora niente da fare: buttatelo via, chĂ© la cautela è sempre poca.
Come prevenire le intossicazioni?
Eccoci al capitolo “Come non avvelenarsi senza rinunciare al pranzo”. GiĂ , perchĂ© i germi che causano le intossicazioni alimentari non sono mica così facili da fiutare o vedere, e alcuni riescono a sopravvivere anche a lavaggi e cotture dignitosi. Gli esperti del Fnomceo ci ricordano dunque che bisogna mettere un po’ di testa e rispettare le regole d’oro: mani lavate come se si stesse per fare un’operazione a cuore aperto, superfici e utensili sani e igienizzati, ed evitare tutto ciò che ha l’autenticitĂ arrugginita o rovinata.
Queste basilari attenzioni devono diventare sacre soprattutto quando si prepara una conserva artigianale o si maneggiano cibi crudi. Ah, dimenticavo, anche la dispensa e il frigorifero giocano la loro partita: leggere le scadenze come fosse il codice della strada e rispettare le modalitĂ di conservazione come se fosse un patto con la propria salute.
I sintomi da manuale dell’epopea dell’intossicazione
Se avete il sospetto di aver mangiato qualcosa di un po’ troppo “vivace”, aspettatevi la visita gradita di qualche fastidioso disturbo intestinale. Parliamo di diarrea, vomito, febbre e crampi addominali che possono arrivare a farvi compagnia per un bel po’, da subito fino a 72 ore dopo il pasto incriminato. E quando la faccenda si fa seria, non pensate di farla franca: chiamate il vostro medico di fiducia o, meglio ancora, il pronto soccorso. E non dimenticate, da bravi investigatori, di portare con voi ogni indizio, ossia l’alimento sospetto e il suo contenitore.
Ma attenzione, per i conservatori di vegetali senza acidità (sì, guardiamo voi melanzane, funghi, broccoli e olive), l’unico modo davvero sicuro per non rischiare è non mangiarli affatto. Drastico? Forse, ma la realtà è che i casi di botulismo, tanto presentati come apocalittici, sono in realtà rarissimi. E chi punta il dito contro i camioncini gastronomici ambulanti o le feste di paese, si prepari: quei truck (perché si chiamano così) sono attrezzati come ristoranti stellati di strada, con tutte le precauzioni di legge. Il vero problema? La professionalità — o la totale assenza di — del cuoco di turno.



