Bologna e il Pd: Di Stasi ci rassicura che Lepore non è un dittatore e che i guai li denunceranno—speriamo bene

Bologna e il Pd: Di Stasi ci rassicura che Lepore non è un dittatore e che i guai li denunceranno—speriamo bene

Enrico Di Stasi, segretario del Pd di Bologna, guida il partito principale della coalizione che governa la città. Tra cantieri infiniti, ricorsi legali e proteste rumorose, questa sembra essere la “più difficile estate” dell’amministrazione, come se non ne avessimo già passate abbastanza. Alla domanda su cosa consiglia al sindaco Matteo Lepore risponde con quella sicurezza che solo chi nuota nelle acque torbide della politica può avere.

«Non credo sia la prima estate difficile per il nostro territorio», esordisce con la modestia di chi ha visto di peggio. Ricorda gli “eventi drammatici” come l’alluvione – perché ci mancava solo questo nel curriculum estivo. I cantieri, quelli tanto amati dai cittadini, sono iniziati da un anno e, dopo che tutti hanno potuto gustarsi i disagi, finalmente stanno mostrando qualche piccolo risultato. Il consiglio al sindaco? Tenere saldo quel rapporto di ascolto con la città e la coalizione, un mantra che suona più come una preghierina da recitare ogni mattina davanti allo specchio. Bologna, infatti, sta vivendo “trasformazioni importanti e inevitabili”, e per fortuna c’è bisogno di una guida che sappia ascoltare ma anche fare “passi indietro”, come se la politica fosse un gioco dell’oca. Fortunatamente, assicura, il Pd non farà mancare il suo contributo – e come sempre, anche critico – ma i momenti di confronto devono restare lontani da social e giornali, ovvero dalla trasparenza.

Se lo dice Olivio Romanini su un altro giornale, si rischia pure la “sindrome dell’uomo solo al comando” per il sindaco. Quella fastidiosa sensazione che nel centrosinistra non ci sia nessuno abbastanza potente da fargli cambiare idea quando qualcosa va storto. E ora? Chi ci pensa a mettere un freno a Matteo Lepore ora che Di Stasi è al timone del Pd?

«Non vedo Matteo come un uomo solo al comando» risponde prontamente. Vede, invece, “una città in grande trasformazione” e la necessità di accompagnare questo cambiamento con gli strumenti della buona politica, quei famosi che raramente si vedono. Si sente poco avvezzo al ruolo di “consigliere del principe” (non pervenuto, dunque) e promette di guidare il partito in modo chiaro e autonomo, o almeno così dice. Se qualcosa non funzionerà, annuncia solennemente, ci sarà il rituale confronto. Insomma, più che un cambiamento, una vecchia canzone risuonata con nuovo entusiasmo.

Nel frattempo, tra tram che si inceppano, manutenzioni rimandate e lavori sulla viabilità che sembrano non finire mai, la città si gode la sua ennesima estate di “grandi trasformazioni” e disagi assortiti. Un applauso a chi riesce a mantenere il sorriso sotto la pioggia di cantieri e polemiche.

Ah, la tempesta perfetta per chi si avventura in auto o bus a Bologna. Ma davvero, erano così impossibili da dilazionare quei cantieri? Ovviamente no. Però, udite udite, «la maggior parte di questi lavori ha scadenze irrevocabili legate al Pnrr o vincoli tecnici per i finanziamenti». Insomma, mica capricci dell’amministrazione, ma un sacrificio collettivo perché, a quanto pare, “soffrire” un po’ serve a rinnovare la città — che, stando a chi la vive (e pure a chi ci abita), è decisamente una dichiarazione confortante. Nel frattempo, però, si garantisce che maggiore comunicazione e ascolto saranno il mantra per addolcire il disagio, perché noi, del Pd, siamo sempre lì a consigliare e ascoltare, come veri angeli custodi della pazienza cittadina.

Ah, e dulcis in fundo, il Consiglio di Stato è tornato in campo per battere cassa contro Città 30 — quel provvedimento che, a detta nostra, riduce incidenti e aumenta la sicurezza. Peccato che il giudizio legale sembri un po’ un dado da tirare, ma dal punto di vista politico, si insiste: una bollatura di giustezza senza se e senza ma.

Il verde cittadino, o come trasformare un giardino pubblico in un caffè-segreto

Il fronte verde, dopo il caso della famigerata area Besta, si è trasformato in una miccia pronta a scoppiare di polemiche. Il comitato del giardino San Leonardo accusa: trasparenza zero, si sta privatizzando il parco per piazzarci la caffetteria della Johns Hopkins. Ovviamente, dall’altra parte abbiamo una narrazione da manuale: “Non c’è privatizzazione, né nessun cancello con guardia all’ingresso”. Insomma, un matrimonio pubblico-privato benedetto dall’amministrazione, come se le due cose non fossero per definizione opposte quando si parla di spazi comuni. E per rassicurarci, ci spiegano che il giardino sarà “riqualificato”, con diritti pari per studenti, famiglie e chiunque voglia goderselo, nel più classico stile “fidatevi”.

Piante in vaso: la provocazione più trendy delle piazze bolognesi

Quella di mettere alberi in vaso nelle piazze? Un’operazione epica, una genialata di marketing urbano che ha scatenato – finalmente! – ironie sui social e lamentele politiche. Ma niente paura, non è un trucco per non piantare alberi veri: è solo una “provocazione simbolica e temporanea”. Una specie di installazione artistica che anticipa il vero investimento da 23 milioni nel verde cittadino. O almeno così ci dicono, perché tra le battute e le analisi politiche, il dibattito rischia di scivolare nell’irrazionalità quando diventano scontri preconfezionati, come nel glorioso caso del giardino Besta.

Sinistra a pezzi? Ecco il “perché no” del Pd

Con i Verdi che si fanno sempre più autonomisti, qualcuno ha già allertato gli osservatori sulla possibile nuova coalizione a sinistra nel 2027. La risposta? Non so, non ho ancora iniziato a pensarci davvero. Il dubbio vero non è la presenza di nuove proposte politiche, ma il vuoto che pare dilagare in termini di idee convincenti. Se ci saranno visioni diverse, bene, ci confrontiamo. Ma ricordate: il Pd è e resterà l’asse centrale di una coalizione… quanto più ampia possibile. Insomma, quella sicurezza rassicurante di chi sa che, senza di lui, nulla si muove davvero.

Bologna tra prezzi folli e una minoranza sempre più espulsa

I prezzi alle stelle, il turismo che infuria, gli affitti brevi che spuntano come funghi e la sfida all’ultima casa praticabile. Bologna rischia seriamente di diventare un museo per nostalgici residenti storici e studenti costretti a svignarsela in cerca di qualcosa che non sia una specie di lusso. Ma non allarmatevi, non siamo rassegnati a questo destino. Anzi, serve una rivoluzione nella politica abitativa: più alloggi a canone calmierato, edilizia popolare, stop agli affitti brevi. Peccato che gli strumenti a disposizione di un’amministrazione siano più simbolici che concreti. E mentre ci giochiamo a “uno alla volta”, il vero dramma resta il costo della vita che diventa un grottesco affare di vita o morte per molte famiglie e lavoratori.

Il colpo di scena? In un supermercato si mettono le lattine di tonno sotto tutela antitaccheggio. Eh sì, pare che la miseria arrivi a un punto tale da dover proteggere pure il pesce in scatola da furti disperati. Forse è ora di smetterla con le solite chiacchiere da campagna elettorale e iniziare a discutere seriamente di chi non riesce più a stare al passo con i prezzi che schizzano. Ecco, questa dovrebbe essere la vera priorità da cui partire alle prossime elezioni: mettere uno scudo sociale che protegga i più poveri e la classe media in difficoltà, prima che tutto diventi un gigantesco circo.

Ah, il “medio che rischia di essere lasciato indietro”. Che poesia moderna, vero? Quel passaggio subliminale che tutti fingono di comprendere, ma che nessuno si preoccupa davvero di affrontare. La solita filastrocca delle promesse vuote, del futuro brillante mentre il presente si sgretola nelle mani di chi resta a guardare.

Sì, perché nel grande teatro delle ambizioni e degli annunci, Bologna e le sue strade sono solo uno sfondo ben illuminato per le foto istituzionali. La città che dovrebbe essere la culla di innovazione e cultura rischia di rimanere vittima di un cliché tragico: la modernità né accolta né realmente perseguita, un eterno limbo di promesse disattese.

E mentre gli slogan volano come coriandoli nella ringhiera del potere, la realtà si incrosta di polvere e apatia. Le grandi strutture, i grandi progetti, le grandi parole… tutto si dissolve davanti a un “medio” – quel punto esatto tra il successo e il naufragio – che più che rischiare di essere dimenticato pare destinato a un destino già scritto e quasi rassegnato.

Bisogna ammetterlo: la capacità di tramandare indegnità è un’arte, e qui a Bologna se la portano avanti con un impegno quasi commovente. Forse è la nuova forma di modernità: restare bloccati mentre si grida al progresso.

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