Un articolo del codice militare consente agli appartenenti alle forze dell’ordine di ottenere un mese di aspettativa (retribuita) in caso di candidatura politica. E in tanti ne approfittano.
Un comune in provincia dell’Aquila, Bisegna, si prepara a votare il 25 e 26 giugno per rinnovare le cariche pubbliche, insieme a tanti altri comuni sparsi per la penisola. Ma per rappresentare i circa 212 residenti, si sono presentate ben 25 liste. In altre parole, a Bisegna ci saranno più candidati che votanti. Incredibile, vero? L’Abruzzo come il nuovo centro della passione politica? Neanche per sogno: 21 delle 25 liste sono formate da membri delle forze dell’ordine (per lo più agenti di polizia penitenziaria) che, in caso di candidatura alle elezioni comunali, possono godere di un mese di ferie pagate. Peccato che non siano stati invitati a prendere una pausa dalla loro vita frenetica di… vigili di città.
Tutto legittimo, tutto regolare: il caso di liste «fantasma» con agenti o militari non è una novità, ma quello di Bisegna potrebbe già essere un record. E non è isolato. Anche a Castelnuovo di Conza e Senerchia, piccoli comuni in provincia di Avellino e Salerno, rispettivamente 23 e 13 liste si contenderanno le cariche per sindaco e consiglio comunale, con i candidati che, indovinate un po’, indossano le stellette. E ci tengo a sottolineare, per chiarezza, che nessuno di loro risulta residente in quelle località. Da sud a nord, anche a Malvicino, in provincia di Alessandria, per rappresentare i 79 abitanti si sono presentate 5 liste. Davvero una festa della democrazia!
Ma cosa sta causando questo fenomeno inevitabilmente italiano della corsa alla candidatura? Più fattori sono in gioco. Prima di tutto, nei comuni di piccole dimensioni (sotto i mille abitanti), la candidatura non richiede alcuna raccolta di firme: basta farsi avanti e presentare una serie di documenti. Non è nemmeno indispensabile essere residenti. E poi c’è il «baco» che ha aperto le porte a chiunque faccia parte delle forze di polizia. Ah, questo famigerato articolo 1484 dell’ordinamento!
Immaginate un mondo in cui i membri delle forze di polizia, che sono sempre stati la quintessenza della non-partigianità, si candidano alle elezioni. Sì, avete capito bene! Secondo quanto ci dicono, questi eroi in uniforme possono accettare di mettersi in aspettativa speciale, con tanto di stipendio garantito, non appena vengono scelti per una corsa elettorale. E così, tra una pattuglia e l’altra, possono anche occuparsi di attività politica e di propaganda, ovviamente vestiti in modo “civile”. Che scenario affascinante, vero?
Siamo proprio sicuri che questo non possa distorcere il già fragile meccanismo democratico? Parliamo di piccole consultazioni, in località come Bisegna, dove cinque anni fa hanno votato solo 150 persone. È un bel posto dove un “sconosciuto” candidato, magari fanfarone e con un bel sorriso, possa vincere le elezioni a manciate di voti. Prendiamo ad esempio una storia avvenuta nel 2020 a Carbone, un paesino in provincia di Potenza, dove la carica di sindaco è stata strappata da un poliziotto, in servizio a Reggio Calabria, che non aveva mai messo piede lì. Con soli 78 voti, di cui molti probabilmente per gentilezza, si è aggiudicato la posizione e, dopo due ore di gloria, ha pensato bene di dimettersi. Geniale, vero?
Questa è una lezione di democrazia che ci fa porre delle domande: chi ha davvero il diritto di votare e chi ha il coraggio di candidarsi? Certo, con una situazione del genere, chiunque potrebbe considerarsi un potenziale sindaco, purché indossi una divisa e sappia sorridere bene davanti agli elettori. L’unico scoglio apparente è che dovranno sempre aspettarsi che qualche brillante idea come la sua non duri più di un paio d’ore. Ma, hey, la politica è così, piena di sorprese e colpi di scena.