Sette anni fa, l’illustre allora consigliere comunale nonché capogruppo del PD, Federico Benini, oggi premiato assessore all’arredo urbano, infranse un tabù con un post a dir poco artistico-politico. Nella sua saggezza, utilizzò l’espressione “Two is megl che uan” per commentare – con garbo e tatto – le scelte estrose dell’amministrazione Sboarina sull’ampliamento di un supermercato a Saval, zona via Emo e via Da Mosto.
Il pezzo forte del post? Una “questione matematica” visiva, una sorta di addizione politica: sommò le foto dell’ex sindaco di Verona e dell’ex vicesindaco Lorenzo Fontana, oggi presidente della Camera dei Deputati, ottenendo come risultato finale niente meno che la foto di Vito Giacino. Geniale, no? A corredare questo quadretto, il nostro Benini citò l’illuminato Sboarina, che nel 2017 – durante la campagna elettorale – tuonava contro la “cementificazione e i centri commerciali che soffocano i quartieri e la salute dei cittadini”. Peccato che appena un anno dopo, la stessa III Circoscrizione votò a favore dell’ampliamento del “nuovo supermercato del Saval”. Che ironia della politica!
Per fortuna, però, giustizia è stata fatta. O almeno, così sembra. Il post in questione è valso a Benini una bella querela da parte dell’ex sindaco e del sempre fervido Fontana, che con l’aiuto dell’avvocato Davide Adami lo trascinarono in tribunale per diffamazione. Più dramaticità, non si poteva.
La pubblica accusa, invece, era convinta che l’espediente fotografico di Benini non fosse altro che una spudorata insinuazione di corruzione: secondo la procura, mettere insieme immagini di Sboarina, Fontana e Giacino equivalga – udite udite – a etichettare gli amministratori veronesi come corrotti. La pm Lauretta Bergognini ha spiegato che, in pubblico, Giacino è noto per una vicenda giudiziaria che – per nulla viziata da tintinnanti interrogativi etici – si è conclusa con una condanna per reati contro la pubblica amministrazione. Quindi, secondo la raffinata logica della pubblica accusa, richiamare quella foto avrebbe fatto scivolare i due galantuomini in un mare di guai giudiziari e immondizia morale.
Ma ieri, con una mossa a sorpresa degna di un thriller politico-mafioso, il giudice Pasquale Ladogana ha detto basta. Ha assolto Benini con la motivazione che “il fatto non costituisce reato.” Chiarissimo, no? Misteri della giurisprudenza, o semplicemente buon senso che riesce a farsi largo tra le sabbie mobili dell’assurdo. Il post non è diffamatorio. Chi l’avrebbe mai detto?
Ora, mentre l’assessore si gode questo trionfo, ci si chiede: se accostare tre facce in una somma visiva è considerato un crimine, cosa si dovrebbe pensare della politica vera, quella che davvero conta e che si fa quotidianamente nell’ombra? E soprattutto, se volessimo fare ancora di più del sarcasmo, ci si potrebbe chiedere quanto la citazione di Sboarina – che ha cavalcato l’onda ambientalista solo per poi sostenere il supermercato – renda davvero credibile tutto questo teatrino.
Che sorpresa sconvolgente: l’assessore si dice soddisfatto per l’esito del processo che, guarda un po’, ha lui stesso richiesto. Ovviamente, perché si era opposto con forza alla multa ricevuta tramite quel delizioso decreto penale di condanna che, evidentemente, considerava un affronto personale. La sua motivazione? La solita, immancabile difesa d’ufficio della propria “critica meramente politica” contro l’amministrazione Sboarina. Un capolavoro di chiarezza: non intendeva mica mettere sul banco degli imputati l’allora sindaco e l’attuale presidente della Camera, Fontana. No, no. Piuttosto, li indicava come “colpevoli” (o meglio, protagonisti) per le loro scelte urbanistiche, da cui – secondo lui – la maggioranza consiliare non aveva saputo, o voluto, prendere le distanze, nonostante le promesse elettorali. Promesse, si sa, fatte per essere disattese con la massima eleganza.
L’avvocato Massimo Leva, paladino difensore di Benini, ha rinsaldato la tesi durante l’udienza, sostenendo che “è il contesto a dare senso al post”. Chiaro come il sole, no? Nei giorni precedenti, il buon consigliere comunale si era speso con ardore condividendo interventi a favore della battaglia contro il fantomatico ampliamento del 30% del supermercato di Saval. Stiamo parlando di un’operazione epocale che, secondo i paladini della piazza ritrovata, avrebbe “sacrificato i sogni di un quartiere”. Che impietosi amanti del cemento questi amministratori! Chiaramente, per l’avvocato, questa è la prova inconfutabile che non si trattava affatto di un post diffamatorio. Come non notarlo?
E non finisce qui. Perché, dulcis in fundo, Benini aveva già ricevuto un bel decreto penale di condanna per questa stessa faccenda, e udite udite: l’accusa ha addirittura chiesto in udienza la sua condanna. Ma, ebbene sì, l’avvocato Adami si è dichiarato ancora convinto che ci sia stata una “oggettiva lesione dell’immagine” sia dell’allora sindaco Federico Sboarina che del vicesindaco di allora, Lorenzo Fontana. Insomma, le ferite dell’onore si portano dentro, mica si curano con un semplice post su Facebook. Per questo, è previsto un probabile ricorso della sentenza. Come dire: la battaglia non è finita, anzi, la commedia prosegue con atti e controatti da far rosicare i migliori sceneggiatori di soap opera.