Le azioni delle aziende europee della difesa sono precipitate lunedì come se qualcuno avesse spento la luce nell’industria bellica, proprio mentre i colloqui su un possibile accordo di pace per chiudere la guerra in Ucraina prendevano una piega inaspettata. Perché, si sa, le brutte notizie sul mercato sono come un’orchestra: c’è sempre qualcuno che stona.
Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha gettato la bomba durante il weekend: l’Ucraina sarebbe pronta ad abbandonare il sogno a lungo coltivato dell’ingresso nella NATO, in cambio di garanzie di sicurezza alternative per proteggersi da Mosca. Chiaramente, vista l’opposizione di alcuni stati membri – e chi li può biasimare? – entrare nella NATO sembrerebbe un miraggio, ma questa mossa segna comunque un cambio radicale nelle strategie di Kiev. Un vero e proprio “salto della quaglia” politico-militare, da manuale.
Come se la questione non fosse già abbastanza limpida, Rheinmetall, il colosso tedesco delle armi, ha subito un tonfo superiore al 2,5% nelle contrattazioni mattutine a Londra. La società, nota anche per i suoi sistemi di difesa aerea, armi anticarro, veicoli blindati e munizioni, ha guidato la valanga di perdite del settore, seguita a ruota dai cugini tedeschi Hensoldt e Renk, entrambi finiti in territorio negativo.
Hensoldt, specialista in tecnologie militari e sistemi di sorveglianza, ha perso il 2,2% già a metà giornata, mentre Renk, produttore di carri armati, ha chiuso il primo round con un calo dell’1,9%. Non staccava un debole neanche lo svedese Saab, che produce i caccia per l’esercito, il quale ha visto svanire l’1,7% del suo valore. Un vero e proprio massacro borsistico per chi, fino a poco prima, era abituato a ben altri applausi.
Zelenskyy ha sganciato questa “meravigliosa novità” durante un incontro con i funzionari statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner, che prosegue nei giorni successivi. L’Ucraina adesso, con tutta la sincerità di cui è capace, vuole delle garanzie di sicurezza separate dall’Occidente, considerate indispensabili per qualsiasi tregua durable. Come dire: “Non mi interessa più il club NATO, basta che qualcuno garantisca che Putin non faccia scherzi.”
Zelenskyy ha spiegato ai cronisti domenica:
“Queste garanzie di sicurezza rappresenterebbero un’opportunità per evitare un’altra esplosione di aggressione russa.”
Naturale che Mosca resti ferma come una roccia nella sua ostinazione: niente Ucraina in NATO. Punto e basta, come un monolite di freddezza diplomatica che fa sgnacchiare i denti all’Occidente.
I colloqui interminabili su come mettere la parola “fine” a questo conflitto che si protrae da quasi quattro anni – incredibile ma vero, ha raggiunto il suo secondo giorno di dibattito a Berlino – hanno riportato l’industria della difesa europea sotto i riflettori, ma di quelli accecanti, mica per farsi notare in modo positivo.
L’indice Stoxx Europe Aerospace and Defense ha mostrato un calo di oltre lo 0,2% lunedì, scontando un po’ di pessimismo da queste incertezze. Nonostante ciò, non dimentichiamo che da inizio anno il settore ha accumulato un rialzo di oltre il 50%. Insomma, sopravvive tra uragani geopolitici con la sorprendente robustezza di un elefante con gli occhiali da sole. Per ora.



