Attività normali, dice il ministro Nordio: politica, per favore, smettetela di farci finta moralista

Attività normali, dice il ministro Nordio: politica, per favore, smettetela di farci finta moralista

Margherita Cassano, primo presidente della Corte di Cassazione, di fronte allo sconcerto quasi infantile del ministro della Giustizia Carlo Nordio riguardo alla relazione del Massimario della Corte sul decreto Sicurezza risponde, con tutta la calma che solo chi ha a che fare con l’assurdità quotidiana può avere:

«Sono sinceramente sorpresa dal suo stupore. Dal 2003 il Massimario, il nostro ufficio studi, fa esattamente questo: analizza tutte le nuove leggi, soprattutto quando coinvolgono norme di diritto internazionale o pronunce della nostra Corte costituzionale. È un’attività tecnica e scientifica, pensata per aiutare tutti i giudici a interpretare meglio le leggi.»

Insomma, niente invasione di campo, niente complotti, solo un servizio di buon senso. Ma non temete, il governo non deve far finta di aver scoperto l’acqua calda: il Massimario effettua da decenni questo lavoro. Sarà forse la novità del decreto Sicurezza a impensierire i soliti noti? Magari temono che queste preziose analisi influenzino la magistratura?

Cassano evita di entrare nel merito dei contenuti del rapporto e puntualizza serafica:

«I giudici della Corte si esprimeranno quando arriveranno i ricorsi che solleveranno problemi applicativi delle nuove leggi. Ma posso garantire con assoluta certezza che non c’è alcun condizionamento! Nessuno automatismo, nessuna censura alla libera e autonoma interpretazione della legge, né per i giudici di legittimità, né per quelli di merito.»

Quindi, niente paura: i magistrati continueranno a fare i magistrati, indipendentemente da qualsiasi relazione preparatoria. Si può dire che è una dichiarazione che non ammette repliche, oppure si può scegliere di ignorarla splendidamente, come sa fare chi preferisce la polemica sterile all’efficienza istituzionale.

Non è mica la prima volta che la Cassazione si concede questa “invasione di campo”. Da più di vent’anni infatti questi rapporti sono sfornati regolarmente, senza che si sollevino urla da parte di ministri o politici in vacanza permanente dell’ironia istituzionale.

Relazioni importanti sono state pubblicate anche sulla riforma Cartabia del 2022 – sia civile che penale – oltre che su ogni intervento delicato come il Codice Rosso. Per la Corte è solo un normale dovere istituzionale, un tentativo di mantenere un dialogo costruttivo e, in teoria, armonico con i giudici di ogni grado.

Insomma, non un complotto, non un assalto tecno-burocratico alla sovranità giudiziaria, ma un’attività di studio e supporto. Ma si sa, fare qualcosa di apparentemente utile è proprio quello che non passa mai di moda nel teatrino delle polemiche ministeriali.

Che sorpresa! Anche stavolta ci ritroviamo con la comunità dei giuristi, avvocati e docenti in subbuglio, quasi fossero i protagonisti di una fiction giuridica dal sapore tragicomico.

Il ministro, evidentemente appassionato di leggi ma leggermente confuso sulle consuetudini, ha avuto la brillante idea di chiedere di «conoscere l’ordinario regime di divulgazione» di quelle misteriose relazioni. Magari ci spiega lui – con la saggezza che dovrebbe derivargli dalla sua esperienza da magistrato – perché queste prassi, sul sito web dell’istituzione, sono lì da tempo immemore, a disposizione di chiunque abbia la curiosità o la pazienza di cercarle.

Ovviamente, si auspica che il ministro non pensi davvero che il sito web sia un ripostiglio segreto – dettaglio che potrebbe tradire una certa dimenticanza del mestiere giuridico. Ma, si sa, non c’è niente di meglio che puntare il dito e creare scalpore, specialmente se si ha dalla propria parte tutta una maggioranza di governo pronta a ripetere il ritornello.

Ah, le critiche! Ovviamente sono legittime, perché la democrazia adora la varietà di opinioni – anche quelle rivelatesi poco più di spari a salve contro l’Ufficio del Massimario. Ma attenzione: il dissenso è ben accetto finché non mette in dubbio i precisi compiti istituzionali di ciascuno. Tradotto: potete dire quello che volete, purché non stiate minando la sacra autorità di chi ha il compito di giudicare (e in certi casi, indignarsi un po’).

E naturalmente, l’immancabile accusa che i giudici si intromettano nella politica torna come un boomerang sempre pronto a colpire. La risposta? Prima di sparare accuse bisognerebbe almeno sapere cosa fa realmente la suprema corte. Spoiler: nessuna “invasione di campo”, nulla di tutto ciò. Sarebbe troppo chiedere che, in uno Stato di diritto (magari uno vero, non quello a intermittenza che qualcuno pare sperare), ogni istituzione rispetti le altre, dialoghi con calma e razionalità e collabori lealmente. Qualcosa che perfino la Corte di Cassazione ha osato ricordare nel suo solito “documento finale”, facilmente reperibile sul loro sito web. D’altronde, trasparenza e rispetto non dovrebbero essere roba da nonnetti in pensione, no?

A proposito di scenari inquietanti, si teme che questo continuo duello a colpi di dichiarazioni infuocate tra politica e magistratura possa minare la fiducia dei cittadini in entrambe le parti. Spoiler alert: non fa bene al paese nel suo complesso, ma evidentemente chi si diverte a farlo finta di niente. Magari sarebbe il caso – giusto per non perdere completamente la faccia – di un po’ di pacatezza e riflessione. Sembra un sogno impossibile, vero?

Naturalmente, nessuno mette in dubbio il rispetto che la magistratura nutre per politica, Parlamento e governo. Ma, giustamente, sarebbe il caso che questo rispetto diventasse unilaterale soltanto quando fanno comodo. Perché, diciamocelo, i rilievi tecnici sulle riforme non sono affatto mancanza di rispetto ma, anzi, critiche ben fondate che dovrebbero nutrire quel magnifico caleidoscopio di idee chiamato democrazia – non la solita delegittimazione gratuita e da quattro soldi che ormai è diventata lo sport nazionale preferito.

Avanti tutta con la riforma, ma con cautela (forse)

Nel frattempo, la riforma costituzionale sulla tanto agognata separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri continua speditamente, come un treno che si dimentica di controllare i segnali. Il Consiglio Superiore della Magistratura, con l’entusiastico voto anche di chi dovrebbe rappresentare la saggezza e la prudenza, ha espresso un parere piuttosto critico, ma si sa, le critiche tecniche sono solo quelle spuntate dai tecnici, mica questioni politiche vere.

La risposta? «Speriamo solo che questi cambiamenti costituzionali considerino tutte le implicazioni, peccato che il politico sia l’unico a poter decidere e che noi magistrati dobbiamo solo indicare problemi tecnici». Insomma, niente di più semplice: lasciate fare a noi la politica – o almeno a chi ha la bacchetta magica – mentre voi fate i buoni samaritani della giustizia, sempre pronti a “collaborare” ma senza mai invadere… ehm, a meno che qualcuno non ci costringa. Che spettacolo!

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