Aramburu riscopre il racconto mentre l’Italia continua a ignorarlo come se fosse un accessorio vintage

Aramburu riscopre il racconto mentre l’Italia continua a ignorarlo come se fosse un accessorio vintage

Giordano Bruno Guerri non si nasconde dietro un dito e ci fa capire, con il suo solito sarcasmo da giurato, cosa pensa davvero del mercato editoriale italiano: una terra desolata per i racconti, dove gli editori si intestardiscono a ignorarli, perché tanto “non si vendono”. Peccato che non si vendano solo perché nessuno ha voglia di promuoverli o pubblicarli. Capito? Un genio! Così, mentre la forma breve langue, l’autore spagnolo Fernando Aramburu, vincitore del Premio Malaparte 2025, viene osannato per aver fatto dell’arte dei racconti piccoli capolavori che vorresti fossero lunghissimi romanzi.

Durante un dibattito pubblico a Capri, Guerri ha lodato non solo il successo planetario di Patria di Aramburu, ma anche la sua abilità nel dare nuova vita a un genere ormai relegato ai margini del panorama letterario nostrano. Come al solito, abbiamo la solita storia: gli editori si defilano, i lettori ci rimangono male, e i bravi scrittori restano con un palmo di naso mentre la letteratura si impoverisce. Ovviamente, Aramburu dimostra come si possa fare narrativa di alto livello con i racconti, trasformandoli in ‘piccoli romanzi’ capaci di incantare e desiderare ancora cento pagine in più. Un vero incantesimo, niente di meno.

Guerri ha poi fatto una precisazione psicologica a prova di bomba: Aramburu ha uno sguardo spietato sull’animo umano, di quelli che fanno scappare via chiunque si avvicini troppo. Infatti, ha riflettuto ad alta voce su un’idea affascinante quanto terrificante: se davvero sapessimo cosa pensa di noi, anche la persona che ci ama di più, forse… scapperemmo. Ecco, Aramburu riesce proprio a farci entrare in quei corridoi nascosti della coscienza con una prosa che mette a nudo fragilità, paure e contraddizioni, senza pietà.

L’incontro, come da tradizione del Premio Malaparte, non è stato semplicemente una celebrazione, ma un’arena di confronto tra l’autore premiato, la giuria e il pubblico; uno scambio acceso di opinioni che ha restituito l’immagine di uno scrittore capace di raccontare non solo il dolore collettivo e la memoria storica, ma anche quegli sfumati dettagli della vita di ogni giorno che tutti preferiremmo ignorare.

Così la letteratura si trasforma da semplice passatempo a una sorta di antidoto contro la brutalità del mondo, offrendo invece uno specchio sgradevole ma necessario per riflettere sui lati più oscuri e scomodi della realtà. Insomma, un premio che più che celebrare un autore sembra un feroce richiamo alla riflessione, mascherato da applauso.

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