Anna Maria Poggi, alla guida della Fondazione Crt, sembra avere le idee chiarissime su come risollevare le sorti di una città un po’ malandata. E chi poteva prevedere che l’inedita iniziativa dell’Alleanza per Torino avrebbe suscitato tutta questa nostalgia? Peccato che la nostalgia sia l’unica cosa che sembra restare, mentre il futuro si presenta come un miraggio.
«La nascita della prima Alleanza per Torino ha segnato una fase di passaggio importante», afferma. Sì, perché quando pensi a Valentino Castellani, the man, the myth, il sindaco che sembrava avere una vera visione (anche se in pochi l’hanno vista), le lacrime di nostalgia non possono che scorrere. Qualcuno ha detto che i momenti di sfascio possono portare a grandi cambiamenti, ma di certo non ci si aspetta che il cambiamento verti su un ritorno ai bei vecchi tempi.
Ma in un contesto nazionale in cui il nome “Tangentopoli” riecheggia come un cattivo sogno, Poggi non può fare a meno di riflettere su tutto ciò che è andato storto. D’altronde, chi vuole veramente trasformare la politica di Torino in qualcosa di più che un nostalgico rimando al passato, non si può limitare a rievocare il 1993 come un periodo d’oro.
Parlando dell’associazione di professori e professionisti che desiderano clangore per il futuro (e per non dire per la faccia), Poggi sottolinea che è necessario partire da lì. Per carità, per chi ha superato i cinquant’anni, si parla di un sapore nostalgico… tremendo, si intende. Mentre i giovani, ah i giovani, che tanto amano le novità, trovano in questa alleanza fortissima un’idea che li attrae. Chissà se lo troveranno forte anche quando se ne renderanno conto.
L’intervistatrice fa un’ottima domanda: «È anacronistico guardare al futuro partendo da Alleanza per Torino?». La Poggi, in un lampo di illuminazione, risponde in modo affermativo: no, non lo è. Un momento diverso, certo, ma significativo. Più che altro, significativo nel senso che ci si può sempre rifugiare dietro agli alti valori civici di un persona come Castellani, che rimane un idolo per chi ha una visione romantica del bene comune.
Ma lestofanti di politica non si lasciano fermare da piccolezze. Poggi insiste: «Coinvolgere le persone e farle appassionare alla politica è il traguardo più alto». Sì, come no? E se i partiti hanno svuotato il senso della politica, che si fa? Andiamo a parlare con le persone come ai bei vecchi tempi di Atene, dove “la politica si faceva nella piazza, senza partiti”. Fonde insieme la totale illusione di poter fare tutto da soli, e il romanticismo di un’epoca che mai tornerà.
Infine, quel nuovo patto per Torino tanto evocato da Enrico Salza: sì, lo vede di buon occhio. Dopo anni di populismo, in realtà serve solo una bella chiacchierata per costruire una pletora di buone intenzioni. Perché, si sa, le belle parole sono sempre state il petrolio della politica italiana.
Un accordo costruttivo, un’iniziativa che promette di coinvolgere forze fresche per costruire, non certo per distruggere. Accogliamo con entusiasmo l’idea di una nuova Alleanza per Torino. O magari dovremmo chiederci se sia poi così nuova, visto che il sindaco Lo Russo la propone con un pizzico di nostalgia, come se fosse una tradizione mai veramente morta. Limitante? No, c’è chi la vede come un’opportunità interessante. Una mossa astuta per attrarre elementi differenti, persino quelli che hanno scelto di rifugiarsi lontano dai partiti e delle loro sezioni. Finalmente, la politica chiama a raccolta la società civile — un bel segnale, non credete?
Ma attenzione, non si rischia di vendere l’indipendenza in cambio di qualche parola d’ordine accattivante? Chiaramente, una lista civica non potrà fare tutto. Si concentrerà sui temi dello sviluppo, un elegante campo d’azione delimitato, proprio quello che tutti sognano. Magari con le mani legate su alcuni aspetti, ma chi se ne frega? Dopotutto, si parla di politica locale, non nazionale. Qualche proposta concreta, basata su competenze ed esperienze, potrebbe scaldare l’ambiente.
Il presidente di questo esperimento sarà Pietro Garibaldi. Un “intellettuale autorevole”, ci viene detto, che ha portato il Festival dell’Economia e ha contribuito alle famose Atp Finals. Un uomo di contatto per una parte della città con una visione di sviluppo – il collante di cui avevamo così bisogno, o forse solo un altro pezzo del puzzle affollato di Torino.
Salza ha affermato che servono persone di qualità, senza personalismi. Siamo d’accordo? Assolutamente. Ci servono individui che mettano davvero il cuore nella città, disposti a esporsi e contribuire attivamente. Non ci serve il dramma dei protagonismi, ma piuttosto un sano spirito di servizio — un po’ come avviene nei migliori drammi di Shakespeare.
Ora, come garantirci che le scelte più ardue — parliamo ad esempio di transizione ecologica e inclusione — tengano conto della pluralità dei punti di vista? Il dibattito a Torino è davvero così ristretto? Rispetto ad altre città e al panorama europeo, non è poi così soffocante. Certo, ampliare la partecipazione è un compito arduo, ma è fondamentale ribadire il ruolo degli organismi preposti a mediare e decidere. Incredibile come, durante una presentazione sull’andamento della città, uno slide presentasse i sogni dei torinesi: una città verde, con barchette e mongolfiere. La politica deve districarsi tra visioni romantiche e la necessità di prendere scelte concrete, in pratica un acrobata senza rete.
Il primo evento dell’Alleanza per Torino sarà un dibattito aperto con i candidati rettore dell’Università di Torino? Bene, sarebbe un affare l’importanza di questa scelta. L’Università è un gigante nel panorama delle istituzioni, per numero di impiegati e influenza sul territorio. Ma, sia chiaro, la decisione finale deve restare nelle mani di chi è effettivamente informato e coinvolto, come se il resto fosse solo chiacchiera da bar.