Con Antonio Tajani ha un legame che dura da più di sei anni, così solido da sembrare incrollabile. E non stiamo parlando di amicizia da bar, ma di quella prontezza a tirarlo su, proprio come fece l’ex presidente del Parlamento europeo che, durante una memorabile vendemmia tra i filari delle Langhe, proclamò con tutta la serietà possibile: «È il migliore». Parole che hanno dato la spinta all’ascesa di Alberto Cirio verso la vetta del Piemonte. Il governatore piemontese ha sempre restituito il favore, dimostrando una riconoscenza quasi commovente nei confronti di Tajani, specie quando lo ha sostenuto come capo della delegazione italiana nel Comitato delle Regioni. E non è tutto: dopo la morte di Silvio Berlusconi, è stato proprio lui a chiamarlo a ricoprire il ruolo di vicesegretario nazionale di Forza Italia. Insomma, un curriculum di fedeltà perfetto.
Peccato che il nostro “langhetto” azzurro non faccia parte dell’inimitabile “banda dei laziali” – quel nugolo di politici intrippati con Roma e i salotti romani, pronti ad agitarsi ogni volta che Pier Silvio Berlusconi apre bocca. E infatti l’ultimo grido di battaglia del figlio del Cavaliere, lanciato mentre presentava i palinsesti di Mediaset, è stato uno smagliante: «Ricambio, facce nuove!». Una genialata perfetta per mettere subito in subbuglio i fedelissimi di Tajani e per agitare la vecchia guardia della capitale, capeggiata da una delle voci più scorbutiche, Maurizio Gasparri.
Così, tra un bicchiere di vino e l’altro, è partita la disperata caccia a quelle “presenze nuove” che Berlusconi Jr pretende di avere nel partito. E qui arriva il colpo di scena: Cirio, con i suoi 52 anni – giovanissimo per la politica italiana, diciamolo – e soprattutto grazie alla sua postura da moderato dal nord, si inserisce nel cast come potenziale volto fresco da mostrare in tv. Non solo: ha pure un rapporto tenuto basso con Marina Berlusconi, che nella corte berlusconiana vale quanto qualche decina di voti. Se questo non è il biglietto giusto per una promozione, cos’altro potrebbe esserlo?
Naturalmente, il governatore si protegge dietro una fedele dichiarazione di lealtà a Tajani, un po’ come quei cavalli da corsa che fanno i bravi finché non sorge l’orizzonte della gloria. Nel frattempo, con la pazienza di un monaco tibetano, si prepara a prendersi un ruolo di maggior rilievo nella scena nazionale. D’altronde, quando l’occasione chiama, meglio farsi trovare pronti. Anche se a suonare il campanello è proprio il figlio dello Statista, che vuole il partito rinfrescato da volti giovani… possibilmente non del Lazio.
Monica Canalis, consigliera regionale e vicesegretaria regionale del Pd, è in vena di lamentazioni e sprigiona una dosata ironia amarognola:
«Berlusconi non solo ha fregato il dialogo in corso tra i principali partiti riformisti dei due schieramenti, ma ha pure ribadito con fermezza — peccato per chi ancora spera — che il vero padrone in Forza Italia non sono né i dirigenti, né i parlamentari eletti, bensì la famiglia Berlusconi stessa.»
Un vero colpo di scena, davvero, che ci fa tornare all’inossidabile certezza: in Forza Italia, la democrazia interna è un optional. E guai a immaginare che le redini del partito possano passare a chi ha qualche incarico ufficiale. Qui il vero consiglio di amministrazione è una famiglia, e lo spettacolo continua.
Nel frattempo, Torino e il suo panorama politico si trasformano nel teatro delle contraddizioni più sfacciate. Tra promesse di cambiamento e reali azioni di conservazione, il copione è sempre lo stesso: tante chiacchiere e poco coraggio.
Insomma, se qualcuno stava ancora immaginando una nuova stagione politica piemontese, può tranquillamente rassegnarsi. La partita si gioca sempre sulle pedine di sempre, con qualche tentativo – del tutto formale – di mascherare il passato con un brindisi al futuro che, per ora, si limita a restare un’illusione.