Il panorama politico in Campania, dopo la pronuncia della Corte Costituzionale sul terzo mandato per i presidenti di Regione, sembra uno di quegli indovinelli puzzolenti che si risolvono solo a suon di contraddizioni. E a giudicare dalle reazioni, non c’è dubbio: molti vorrebbero che la democrazia fosse ridotta a mero voto, come se un clic sullo schermo fosse sufficiente a garantire un futuro prospero. Questa visione limitata è, per usare un eufemismo, alquanto naif, e purtroppo, è seguita da un gran numero di persone, ben oltre i confini italiani.
Democrazia o Illusione?
La democrazia, si sa, non è solo il frutto di un voto scambiato per consenso. È un intricata rete di regole, bilanciamenti e principi, che forniscono legittimità solo a quel consenso espresso. Ed è proprio questo sistema che, a meno di stupefacenti interpretazioni liberali, esclude il terzo mandato a costo di confondere la politica con un gioco di prestigio.
Il Gioco dei Mandati
C’è chi ha tentato di aggirare questa norma attraverso un abile labirinto di espedienti e sotterfugi, ma il risultato finale è stato un sonoro nulla di fatto. Questo ha spianato la strada a un nuovo orizzonte politico, non solo per la sinistra, ma per tutti i partiti in Regione. Sarà interessante osservare come il presidente De Luca risponderà a questa sfida: perché il modo in cui si comporterà nei prossimi mesi potrebbe determinare la valutazione complessiva della sua carriera politica.
Uscita di Scena
È curioso pensare come l’uscita di scena di un leader possa offrire un nuovo significato a una intera vita pubblica. In un sistema che promette cambiamento e novità, l’idea di restare impantanati dietro i palazzi del potere suona più come una condanna che come un trionfo. Chissà se i cittadini sanno quanto sia profonda la distanza tra le promesse e la realtà.
Possibili Soluzioni
A questo punto, cosa possiamo suggerire? Forse una revisione profonda delle leggi sul mandato potrebbe smantellare l’illusione di correnti perenni e immutabili. Oppure, un deciso invito ai politici a riflettere sulla loro vera motivazione: è amor proprio o un sincero desiderio di servire il popolo? Potremmo anche introdurre un sistema di rotazione per evitare che i volti diventino stantia decorazione nelle stesse stanze di sempre. Ma in tutto questo, un pizzico di ironia rimane d’obbligo — quanti di questi bei propositi arriveranno mai a vedere la luce?
Immaginate di assistere a un film in cui l’ultima scena contraddice tutto ciò che è stato costruito precedentemente. Questo è esattamente ciò che accade nella vita politica. Non si può giudicare l’operato di un governo solo sul finale, come se quella fosse l’unica inquadratura da considerare. Ciò di cui avremmo bisogno è un approccio maturo e responsabile, piuttosto che il perpetuo inseguimento di una rivincita impossibile. Ripulendo la polvere sollevata da polemiche inutili, potremmo finalmente formare un’opinione serena e equilibrata sulla complessa vicenda della governance, in cui, tra le ombre, ci sono state anche indubbie luci.
Ma quale futuro per la sinistra?
Non sarebbe saggio pensare che la soluzione a questo caos possa derivare da un semplice accordo tra i vertici della sinistra, che tiri fuori un nome per la presidenza come se si trattasse di una pratica burocratica. Questo è decisamente il momento di agire, eppure la soluzione non è così semplice. Come đúngamente sottolinea Enzo d’Errico, il vero problema sono le nuove leadership che devono emergere nel Meridione. I nomi alternativi proposti — Manfredi, Fico, De Caro — possono rappresentare potenziali catalizzatori per un processo di rinnovamento, ma il rischio è che restino solo dei simboli senza sostanza.
Rinnovamento o stallo?
È imprescindibile inviare segnali chiari di apertura e novità, facendo capire che un cambiamento nella candidatura per la presidenza della Campania e della Puglia deve essere colto come l’occasione per rendere più leggeri gli ambienti ormai asfittici. Tuttavia, anche l’assunto che cambiare il candidato sia sufficiente per far tornare il Mezzogiorno a un’ipotetica normalità è discutibile. Non esistono ricette miracolose e per quanto le primarie possano essere utili, il loro uso deve essere ponderato e non improvvisato. Non di rado, si sono rivelate insufficienti per costruire un rapporto credibile tra il popolo e i partiti.
Verso una nuova partecipazione
Le nuove forme di coinvolgimento devono andare oltre le primarie, cercando modalità di consultazione che stimolino una partecipazione non episodica. La scadenza elettorale si avvicina e se non si riesce a trasmettere la sensazione di una svolta, i cittadini rimarranno sempre più distanti dalla sfera politica. La democrazia è in crisi non solo nel nostro Sud, ma in tutto l’Occidente. Dobbiamo tornare a coltivare pensiero e coraggio per affrontare questa sfida.
Possibili soluzioni o illusioni?
La scelta di un nuovo candidato alla presidenza potrebbe sembrare una soluzione semplice, ma è solo un piccolo passo in un processo ben più complesso. C’è bisogno di una vera riforma politica che dia al Mezzogiorno un’adeguata rappresentanza dei suoi problemi e delle sue potenzialità. In definitiva, c’è bisogno di azioni concrete, e non di promesse che, come sempre, rischiano di rimanere nel limbo delle buone intenzioni. Magari, un giorno, potremmo anche scoprire che le parole hanno un significato e non sono solo un modo per riempire il vuoto di ciò che non viene mai realizzato.