La violenza digitale, pur essendo virtuale, non perde nulla della sua concretezza o dell’impatto devastante sulla vita delle donne che ne sono vittime. Non è un semplice fastidio da ignorare: i danni che produce investono tanto il benessere fisico quanto quello psicologico.
Lo sottolinea Francesca Schir, segretaria del Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi e coordinatrice del Comitato Pari Opportunità . Parlando degli effetti di quei siti sessisti dove immagini di decine di donne, celebri e non, sono state diffuse senza consenso diventando bersagli di commenti violenti, il quadro è tutt’altro che rassicurante.
Secondo Schir, questa forma subdola di aggressione travalica lo schermo per colpire il senso stesso di libertà e sicurezza personale. Chi ci passa attraverso non si limita a subire un’offesa: si trova invischiata in stati d’ansia, vergogna pungente, perdita totale di fiducia nei rapporti umani, fino a soffrire di depressione, attacchi di panico o addirittura sindrome da stress post-traumatico. E naturalmente, quando si parla di ragazze più giovani, gli effetti si fanno ancora più drammatici.
Ma non è tutto: la vita sociale di queste donne ne esce emancipata verso l’isolamento. Lontane dal solo ritiro dai social, spesso diminuiscono drasticamente la loro partecipazione nella vita pubblica e in ogni contesto comunitario.
In altre parole, pistole digitali puntate direttamente contro la loro libertà di muoversi nel mondo reale.
Non si tratta solamente di un’aggressione contro il corpo o l’immagine: si infligge una ferita profonda al senso di sicurezza personale, un trauma che è tanto relazionale quanto simbolico.
In questo contesto, Schir insiste sulla necessità di accompagnare l’intervento legale e tecnico con percorsi dedicati alla ricostruzione psicologica, perché la tecnologia può identificare un colpevole, ma non cura l’anima tormentata di chi è stato violato così profondamente.
Spazi di ascolto protetti, dove non si giudichi ma si possa raccontare un’esperienza così traumatica, diventano essenziali. Non si tratta di una gentile concessione, ma di un’urgenza per restituire fiducia e dignità .
D’altra parte, anche i gruppi di sostegno tra pari hanno un ruolo chiave: favoriscono la condivisione di storie simili, combattono l’isolamento e contribuiscono a promuovere strategie di resilienza. E se il mondo digitale è il teatro del danno, può diventare anche la cornice salubre di aiuto, purché quei gruppi online siano spazi sicuri e realmente protetti.



