Una legge recentemente approvata ha deciso di sbarazzarsi del doppio registro per gli elettori (maschi e femmine), un’invenzione che risale al fantastico periodo del dopoguerra. Chissà, forse nel 1945 si pensava che la segregazione di genere rendesse il voto più emozionante, come una corsa a ostacoli.
In un atto di audacia inaspettata, durante il voto amministrativo di questo weekend, il seggio numero 27 di Genova ha fatto la sua parte per l’umanità. Invece di farsi due file, una per uomini e una per donne, gli elettori si sono allineati sulla gloriosa e innovativa “fila unisex”. Immaginate le grida di gioia al pensiero di abbattere le barriere del passato, come se stessimo inaugurando una nuova era di libertà. Ah, l’ironia!
Il cartello all’ingresso del seggio, una vera opera d’arte, annunciava con pomposità che quel luogo era “accessibile, inclusivo e rispettoso delle identità trans e non binarie”. Già, perché non aggiungere un pizzico di glamour alla questione? Anche se, in una tragicomica esposizione di incoerenza, gli scrutatori continuavano a lavorare sugli elenchi elettorali divisi per genere. “La normativa è arrivata tardi”, spiegava il cartello, perché, come sappiamo, i cambiamenti radicali nella legge possono sempre aspettare fino all’ultimo momento, giusto?
Ma di cosa stiamo discutendo, realmente? Lo scorso 15 maggio la Camera ha finalmente convertito in legge un decreto di marzo, che aboliva le liste per genere e, di conseguenza, i due percorsi distinti per inserire la scheda nell’urna. Non finisce qui: per le donne sposate o vedove, addio anche al cognome del marito. Un passo avanti, o magari due, anche se con un bel po’ di ritardo. I tempi stretti hanno impedito di aggiornare i nuovi elenchi di elettori, quindi nessun cambiamento effettivo nelle consultazioni appena all’orizzonte negli anni a venire. Siamo così moderni, eppure così imbarazzantemente lenti.
I seggi “unisex”, che chiamarli tali è quasi un esagerazione, hanno ricevuto un’approvazione unanime sia dalla maggioranza che dall’opposizione. Finalmente cancellando una disposizione obsoleta del febbraio del 1945, dall’epoca in cui Ivanoe Bonomi governava. Facciamo un applauso per il coraggio di affrontare il passato… dopo 80 anni di silenzio e stallo!
Oh, che meraviglia! Finalmente, un salto storico per l’Italia, che decide di concedere il diritto di voto anche alle donne. Un’idea davvero innovativa, considerando che stiamo parlando di un periodo in cui l’equità di genere era così apprezzata quanto un ombrello in un uragano. Così, per facilitare le cose, si è pensato bene di affiancare i nomi delle donne a quelli degli uomini nei registri elettorali. Ma, naturalmente, non solo. Per non creare troppa confusione, si è deciso di fare registri separati. Perché, si sa, le donne hanno bisogno di un loro spazio, giusto?
Questa prassi, che potremmo definire una tradizione ormai, è rimasta immutata nel corso degli anni. In fondo, cosa c’è di più logico che mantenere una distinzione così evidente e palpabile? Una vera dimostrazione di come l’Italia ami i simbolismi e le apparenze, piuttosto che affrontare le problematiche alla radice. Ah, la coerenza!


