Quando la festa si trasforma in un raduno di astemi: dove è finito l’alcol?

Quando la festa si trasforma in un raduno di astemi: dove è finito l’alcol?

Come si fa a mantenere la promessa di “idratarsi” quando, magicamente, all’arrivo delle forze dell’ordine non c’è traccia nemmeno di una goccia d’alcol? Sembra la trama di un film grottesco, ma è esattamente ciò che è accaduto venerdì sera nella villa di Bagheria, alle porte di Palermo. Qui si teneva la festa di laurea che ha visto la fine tragica di Simona Cinà, pallavolista ventunenne ritrovata senza vita nella minuscola piscina della villa. L’invito inviato su WhatsApp era vagamente rassicurante, promettendo bibite a volontà, ma i carabinieri, arrivati intorno alle 4:10, si sono trovati di fronte a una scena… senz’acqua frizzante né nemmeno un bicchier d’alcol. Le bevande erano svanite nel nulla, mentre sacchi di plastica contenevano solo bottigliette d’acqua vuote, come se un deposito idrico fosse stato saccheggiato in preda al panico.

Gli organizzatori, evidentemente esperti nel fare le cose a metà, avevano riservato solo il piccolo patio esterno e la piscina per la festa. Nessuno si sarebbe aspettato che quella minuscola piscina, scenografia di una serata apparentemente innocua, sarebbe diventata teatro di una tragedia che ora scuote la comunità locale.

La salma di Simona Cinà è stata trasferita al Policlinico di Palermo, dove è attesa l’autopsia che sarà eseguita tra domani e dopodomani. La Procura di Termini Imerese ha prontamente sequestrato il corpo per coordinare un’inchiesta che sembra procedere al ritmo lento e implacabile dell’incertezza. Nessuno, in questa girandola di versioni e smentite, può permettersi di lasciare nulla al caso: domani l’incarico ufficiale per l’esame necroscopico verrà formalmente disposto, mentre i carabinieri sono al lavoro senza sosta.

L’invito inquietante e il silenzio della piscina

Che la festa fosse destinata a nascondere qualcosa di poco chiaro sembra ormai un dato di fatto, soprattutto considerando che nella chat d’invito si parlava tranquillamente di “idratarsi”. Peccato che l’unica acqua disponibile, almeno al momento dell’arrivo degli inquirenti, fosse già tutta sparita. Le testimonianze raccolte proseguono febbrilmente: si cerca di far luce su quegli attimi tragici in cui Simona è affondata nella piscina, viso rivolto verso il cielo, senza che nessuno – o forse pochi – se ne accorgessero immediatamente.

Sorpresa? Nessuno voleva più quella presenza ingombrante nella piscina, né forse nei loro ricordi di quella notte. Malgrado i più di 80 partecipanti, tanti affermano di aver abbandonato la scena intorno alle 3 di notte, mentre l’allarme è scattato non prima delle 4:10. Neanche a dirlo, il corpo di Simona sarebbe rimasto immerso per diversi minuti, impassibile, mentre la festa proseguiva ignara o forse troppo volentieri cieca di fronte a quell’orrore silente.

Svariate ipotesi senza esclusioni ma con molta confusione

Le supposizioni si sprecano, e gli inquirenti sono sospesi tra mille teorie che vanno dal malore improvviso fino a ipotesi più complesse e inquietanti. Nulla è escluso a priori e, ironia della sorte, sarà proprio l’autopsia a dipanare l’intricata matassa temporale: dall’ultimo messaggio inviato da Simona intorno alle 3:20 fino al fatale allarme quasi un’ora dopo, non si sa ancora cosa sia successo realmente. L’ambulanza, arrivata con i carabinieri alle 4:20, si è trovata una situazione già senza speranza: la giovane era stata tirata fuori dalla piscina, in bikini, e le inutili manovre di rianimazione non hanno potuto far altro che decretare l’ineluttabile.

Il dolore dei familiari e il grido di giustizia

Nel frattempo, la famiglia affronta un dolore muto e sconvolgente, trovato solo nella telefonata disperata della madre, svuotata dall’angoscia. Giusi Cinà parla a nome di ogni genitore che si trovi davanti all’inspiegabile: “Vogliamo sapere cosa sia realmente successo a nostra figlia. Era sana come un pesce, sportiva, piena di vita. Come è possibile che una ragazza svanisca così, in una festa, dentro una piscina? Pretendiamo la verità, vogliamo chiarezza. Aiutateci a capire.”

Luciano, il marito, e i figli della sfortunata giovane, accompagnati addirittura dalla sorella gemella di Simona, presentarsi allo studio legale di Gabriele Giambrone non per un brindisi, ma per affrontare una vera e propria conferenza stampa. Se non fossero distrutti dal dolore, forse potrebbe sembrare un brutale reality show degno di attenzione mediatica.

Luciano, che scoppia in commozione manco fosse alla prima tragedia della sua vita, esclama a raffica: “Non siamo stati neanche contattati, mia moglie Giusi ha scoperto tutto per caso, chiamando verso le 4 il cellulare di nostra figlia”. E poi, ciliegina sulla torta, aggiunge: “Vogliamo sapere cosa è successo in quella piscina. Mia figlia era un pesce in acqua, come può essere successo? Morire così giovane è inconcepibile…”. Frase che, detto tra noi, suona come una domanda esistenziale, più che un moto di dolore.

Prosegue lacrimando: “Quando siamo arrivati in quella villa, nessuna traccia di bottiglie di alcol, sparite tutte nel nulla. Per quale motivo? Vogliamo chiarimenti immediati. Non è normale che ci fosse solo acqua, nessuno si è degnato di chiamarci. Mia figlia praticava surf, sport dalla mattina alla sera, manteneva il corpo come un orologio svizzero. Pretendo di sapere cosa le è successo”. Ah, ovviamente, il dettaglio sportivo è essenziale per ricordarci quanto fosse improbabile un incidente legato alle vecchie abitudini notturne.

Nel frattempo, la sorella gemella Roberta Cinà si presenta sul palco del dramma, coi toni sobrii di chi ricostruisce un giallo: “Quando siamo arrivati, erano tutti in silenzio, ammassati in un angolo del locale. Nessuno parlava, l’incredulità si tagliava con un coltello”. Ma, ovviamente, nessuna risposta concreta alle domande essenziali. “Erano una ventina le persone rimaste, forse qualcuno avrebbe potuto fare qualcosa, ma si sono accorti solo quando pulivano il pavimento. La piscina? Piccola e la consolle per ballare era minuscola”, aggiunge, dipingendo una scena degna di un film a basso budget.

Roberta continua la sua denuncia-ammissione: “Il corpo di nostra sorella era già a bordo piscina, coperto da un telo, vestita con il costume. Carabinieri e ambulanza erano presenti, ma ci sono troppe incongruenze: festa di laurea senza torta visibile, nessun alcol recuperato, ragazzi tutti bagnati e taciturni all’arrivo. Nessuna traccia dei vestiti di mia sorella, solo le scarpe ritrovate”. Insomma, la sceneggiatura del mistero si infittisce più della nebbia sulle Alpi.

E, come se non bastasse, ecco il sospetto filosofico-commerciale di Gabriele Cinà, fratello maggiore della defunta, che si lascia sfuggire un dubbio da thriller low cost: “Ci siamo chiesti se alla festa girasse della droga, ma al momento niente di certo. Abbiamo pensato perfino che fosse stata drogata a sua insaputa, magari con qualche bevanda…”. Per fortuna viene illustrata la ‘prova regina’ della sua innocenza sportiva: “Se anche fosse girata droga, lei non l’avrebbe mai presa, era troppo attenta e sana come un pesce”. Da questo, la conclusione è che la faccenda sia un vero enigma da risolvere, a fissare occhi negli abissi di una piscina misteriosa, senza alcol né torta di laurea.

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