Un medico di circa 40 anni, residente a Torino, è stato arrestato con l’accusa di produzione e detenzione di materiale pedopornografico di vasta entità. La svolta arriva dopo un’indagine durata oltre due anni, coordinata dalle unità specializzate nella lotta al crimine online, che ha portato alla scoperta di un vero e proprio labirinto di attività illecite svolte nell’oscurità del dark web.
Il protagonista di questa triste vicenda non è un semplice fruitore, bensì una figura professionale della salute che, nel suo tempo libero, si dedicava ad attività sportive a contatto con adolescenti, circostanza che aggiunge un’inquietante dimensione al tutto. Le investigazioni hanno rivelato che l’uomo operava per almeno dodici anni all’interno di comunità pedofile underground, approfittando della presunta invisibilità garantita dai sofisticati sistemi di navigazione anonima come Tor.
Gli investigatori, fingendosi utenti comuni di quelle ambienti pericolosi, sono riusciti a tracciare ogni suo spostamento digitale e a correlare pseudonimi a una presenza reale. Le successive perquisizioni, autorizzate inizialmente da un’autorità giudiziaria distante geograficamente, hanno sequestrato dispositivi e raccolto prove inequivocabili: dal materiale conservato a video fino ai rapporti intrattenuti in chat con minorenni, con i quali avrebbe addirittura organizzato incontri di persona.
Ma c’è di più: il medico non era un lupo solitario. L’indagine ha evidenziato come intrattenesse collegamenti con altri soggetti dediti allo scambio di immagini e video pedopornografici, sia nel dark web che su piattaforme peer to peer più comuni. E come se non bastasse, all’interno di questa rete criminale compariva la figura – forzatamente assurda – di un sacerdote proveniente dalla provincia di Brescia, già arrestato qualche mese prima, con cui avrebbe progettato la formazione di un gruppo molto speciale.
Questo gruppo, tutto “made in Italy”, aveva come obiettivo la produzione e il reclutamento di nuovi complici per la diffusione di materiale pedopornografico fresco di giornata. Insomma, un’organizzazione che sembrava più una perversa startup criminale piuttosto che un’amalgama di delinquenti isolati, con una gerarchia, una strategia e un mercato ben delineati.
Questa vicenda mette nuovamente in luce due aspetti paradossali: la facilità con cui professionisti apparentemente rispettabili possono nascondere orrori indicibili dietro una doppia vita, e l’assurda realtà di come certi ambienti si strutturino e diffondano proprio dove la società dovrebbe tutelare i più vulnerabili. Eppure, tra sport e parrocchie, il sistema funzionava alla perfezione, fino all’intervento della legge.



