Le vertigini di Israele sono soltanto l’inizio: in Europa la sfida è doppia, aiutare israeliani e palestinesi a non precipitare nel baratro, ma anche resistere all’ondata di fanatismo che scaturisce da un tifo acritico per uno dei due fronti estremi.
Lo ammette senza peli sulla lingua la senatrice a vita Liliana Segre, che non ha mai nascosto il suo dissenso verso l’uso populista e vendicativo del termine “genocidio” per descrivere la tragedia in corso. Una parola tanto inflazionata quanto caricata di un senso accusatorio senza alcun rigore analitico, un modo comodo per sfuggire alle responsabilità storiche europee e trasformare le vittime del nazismo in carnefici di un “nuovo nazismo” Israele.
Liliana Segre precisa:
“Il problema in Israele è solo quello di fermarsi sull’orlo dell’abisso, ma qui in Europa dobbiamo fare i conti con due sfide: aiutare chi rischia di cadere in quel baratro e, allo stesso tempo, evitare che la barbarie culturale si diffonda a causa di un’adesione acritica e parziale ai due fronti estremi.”
La senatrice, schiacciata dalla “amarezza smisurata” di ciò che osserva nei telegiornali, ha scelto il silenzio negli ultimi mesi, ma l’intervista di David Grossman, lo scrittore israeliano che ha osato usare la parola “genocidio” per descrivere la situazione, la costringe a spezzare finalmente il silenzio.
Pur trovando condivisibili molte riflessioni di Grossman, soprattutto la sua domanda provocatoria:
“Siamo abbastanza forti per resistere ai germi del genocidio?”
Segre ribadisce la sua distanza dal modo in cui questo termine viene usato nel dibattito pubblico, sottolineando che così si rinunciano a riflessioni più profonde e responsabili, e si corre il rischio di alimentare un contrappasso senza senso: rovesciare sulle vittime storiche del nazismo le colpe di oggi, trasformando Israele in un “nuovo nazismo”.
Insomma, una condanna severa nei confronti di chi strumentalizza tragedie umane complesse in nome di uno spettacolo mediatico – e anche un richiamo a non cadere nella trappola del pensiero unico e della polarizzazione feroce che consumano qualsiasi barlume di ragionevolezza e compassione.
La lezione di Liliana Segre suona netta: riconoscere le responsabilità, evitare semplificazioni tossiche, resistere alla barbarie non solo nel Medio Oriente ma anche tra le nostre coscienze e culture europee. Una sfida urgente, a cui non ci si può sottrarre dribblando il dibattito con slogan e parole svuotate di senso.



