Quasi il 10% degli italiani è vulnerabile al morbillo, ovvero privo di quella corona immunitaria riconosciuta grazie al vaccino o a un’infezione passata. Paradossalmente, i più a rischio non sono i bambini (o almeno non solo), ma quei giovani adulti tra i 20 e i 40 anni, che rappresentano un vero e proprio territorio di conquista per il virus, persino nelle regioni dove i bimbi sono ben vaccinati. Un’affascinante scoperta emersa da uno studio firmato dall’Istituto superiore di sanità e dalla Fondazione Bruno Kessler, pubblicato su The Lancet Infectious Diseases, che ci suggerisce – come novità assoluta – di puntare su “strategie vaccinali specifiche, incluse campagne di richiamo per gli adulti”. Ma certo, chi ci avrebbe mai pensato?
Lo studio – mettiamolo per inciso – ha analizzato quasi 15mila casi di morbillo notificati tra il 2013 e il 2022 nel sistema nazionale di sorveglianza integrata morbillo-rosolia. Sentite questa: 14 morti (perfino oggi), con il picco di infezione registrato tra i bambini sotto i 5 anni. Tuttavia, la metà abbondante dei casi riguarda giovani adulti tra i 20 e i 39 anni. E se il dato vaccinale è noto, a farci il favore di ammalarsi sono quasi sempre i non vaccinati, quasi in 9 casi su 10. Sorprendente! Ma il bello non è qui: una parte delle infezioni è stata studiata in dettaglio per capire come i focolai si propagano, e con un modello matematico, che è sempre così rassicurante, sono state stimate le percentuali di suscettibili al morbillo nel 2025 per tutte le regioni italiane. Dove si cela il virus? Ovunque e da nessuna parte.
In sintesi, lo studio ci regala queste perle: l’88,9% delle infezioni secondarie (quelle successive al cosiddetto ‘caso indice’ in un focolaio), sono causate da soggetti non vaccinati. E non vi scappate, solo l’1,1% delle infezioni si verifica tra persone vaccinate con almeno una dose. Ma la ciliegina è che un terzo delle trasmissioni coinvolge i giovani adulti, quegli stessi che “formidabilmente” passano il virus ai bambini sotto i 5 anni. Il 35,5% dei contagî secondari avviene poi in famiglie che sembrano accogliere il virus più di quanto accolgano i parenti.
Facciamo un giro nelle regioni: nel 2025 quasi il 9,2% della popolazione italiana sarà ancora suscettibile al morbillo e solo l’88,2% dei giovani sotto i 20 anni sarà immune. E qui arrivano i colpi di scena da campionato di contraddizioni. Il Centro-Nord brilla per percentuali elevate di soggetti vulnerabili nella popolazione generale, mentre la provincia di Bolzano e la Calabria emergono come campioni di suscettibilità tra i giovani under 20 – tutta una festa di dati che sembra scrivere l’inno nazionale dell’ambiguità vaccinale. E nonostante la legge sull’obbligatorietà introdotta nel 2017 abbia alzato i tassi vaccinali nei bimbi, questo miracolo non si riflette esattamente in una riduzione proporzionale del rischio di trasmissione. Perché? Semplice: ci sono vaste sacche di adulti non immunizzati che continuano a tenere il morbillo ben vivo e vegeto.
Il numero di riproduzione stimato per il 2025, cioè quante persone un ammalato può contagiare, varia da 1,31 a 1,78 in tutte le regioni: in linea con la trasmissibilità del morbillo nei dieci anni passati. Insomma, il virus si diverte a restare in sella e non ha affatto intenzione di andare in vacanza.
Gli autori concludono, con una punta di understatement che definire ironico è un eufemismo: “Gli adulti non vaccinati sono i protagonisti della trasmissione del morbillo in Italia. L’immunità è disomogenea: alcune regioni arrancano con basse coperture nei bambini, altre hanno adulti con una vulnerabilità allarmante. Questi risultati gridano a gran voce la necessità di campagne vaccinali mirate, comprese quelle di richiamo rivolte proprio agli adulti”. Tradotto: ricominciamo da capo con le campagne vaccinali, perché abbiamo lasciato adulti al buio e mal preparati, insieme a un virus che se la gode più di noi.



