Un anno dopo l’omicidio: il fidanzato di Sharon ci regala la solita sceneggiata pieni di lacrime e nulla più

Un anno dopo l’omicidio: il fidanzato di Sharon ci regala la solita sceneggiata pieni di lacrime e nulla più
È passato un anno da quando Sharon è scomparsa, e il vuoto è ancora un abisso insopportabile

Sergio Ruocco si confronta con un dolore che non accenna a diminuire: un anno esatto dalla tragica fine di Sharon Verzeni, uccisa brutalmente nella notte tra il 29 e il 30 luglio 2024 a Terno d’Isola, nel cuore della Bergamasca. La vita del fidanzato, che ora affronta il processo contro il 31enne Moussa Sangare, sembra sospesa in un limbo oscuro, tra ricordi indelebili e una realtà che rifiuta di essere accettata.

“È stato un anno senza Sharon ed è stato orribile,” confessa Sergio senza alcun filtro, incapace di trovare sollievo. “Sharon non era semplicemente speciale, era unica, e mi manca come se fosse ieri, come se il tempo si fosse fermato quel maledetto giorno. A volte mi pare di vivere un incubo dal quale posso svegliarmi e ritrovarla al mio fianco. Ma la realtà è ben diversa, e quel piccolo rifugio di pace che posso avere è solo andando a trovarla in cimitero.”

Un anno prima, in quella stessa casa di via Merelli a Terno d’Isola, dove i loro sogni si intrecciavano, la coppia ha vissuto l’ultima sera insieme. Casa ora quasi un tabù per Sergio, che per quasi un anno ha preferito rifugiarsi presso la famiglia di Sharon a Bottanuco. Solo nelle ultime settimane ha trovato il coraggio di rientrare nella villetta — ovviamente sotto sequestro — acquistata alcuni anni prima, quelle quattro mura diventate teatro del crimine e teatro dei suoi peggiori incubi.

Sergio ricorda con nitidezza angosciante: “Quella sera eravamo ormai vicini alle 22 quando sono andato a letto: il mattino dopo mi aspettavano le 5:30. Ci siamo detti buonanotte, mai avrei immaginato che quella sarebbe stata l’ultima volta che la vedevo.”

La 33enne aveva aspettato il calare della sera coi suoi trentaquattro gradi di fine luglio per concedersi una corsetta veloce in paese, una passeggiata innocua di meno di un’ora per le strade di Terno d’Isola. Nel cuore della notte, in via Castegnate, a soli ottocento metri dalla casa nella quale Sergio dormiva ignaro, l’attendeva una sorte tremenda, ficcata a coltellate. Un destino inaccettabile che scuote più di un livello di civiltà.

Come se il criptico senso della tragedia imponga lezioni che nessuno vuole o riesce a imparare, Sergio puntualizza una verità che sembra ovvia eppure suscita polemiche: “Ogni donna ha il diritto di uscire sola, di giorno o di notte. Non dovrebbe essere un argomento dibattuto.”

Durante l’inchiesta, mentre i carabinieri e la magistratura si muovevano a tutto campo per rintracciare il colpevole, l’opinione pubblica ha preferito rivolgere il dito contro la vittima: la sua passeggiata notturna, la sua leggerezza fatale. Una critica subdola e codarda che evita di affrontare la reale insidia che si cela dietro la sicurezza – o la totale mancanza di essa – nelle nostre città.

“Quello che è accaduto a Sharon non sarebbe stato diverso in pieno giorno,” riflette l’idraulico 38enne. “Oggi non ci si può più fidare di nessuno. Spero ancora in un cambiamento, ma la rassegnazione morde.”

Nei mesi seguiti al blitz e all’arresto di Moussa Sangare, la zona teatro dell’omicidio ha visto una rappresentazione ben poco edificante: pusher, sbandati e presenti inquietanti a fare da contorno nei pressi del luogo del delitto. Prima dell’arrivo delle telecamere e della pressione mediatica, chi abitava e lavorava lì non ha mancato di segnalare un degrado sociale evidente.

A distanza di un anno, quando gli si chiede se qualcosa sia migliorato, Sergio risponde senza un filo di entusiasmo: “Sono tornato a vivere nella casa che era nostra, ma Terno d’Isola è rimasta sostanzialmente immutata, come l’ho lasciata. Il buio della notte è quello di sempre, così come le ombre che infestano le sue strade.”

In un brillante esercizio di universalità, viene sottolineato che “i problemi di spaccio e sicurezza non riguardano solo questa città. Quello che è successo a noi poteva succedere in qualunque altro paese”. Ovvero, nessuno è immune, ma guarda caso, proprio nel luogo in cui è accaduto il pasticcio, è successo il disastro. Meno male che possiamo consolarci pensando che il mondo è un grande parco giochi pieno di insidie ovunque.

Nel frattempo, il bel fidanzato della vittima, evidentemente dotato di un raffinato senso del tempismo, ha preferito sguazzare nel silenzio sulla faccenda del processo che vede imputato Moussa Sangare. Questo simpaticone di 31 anni, catturato esattamente un mese dopo l’omicidio, si è prima cosparso il capo di cenere confessando ai carabinieri, al pubblico ministero e persino al giudice per le indagini preliminari Raffaella Mascarino che ha colpito e ammazzato la povera Sharon “senza motivo”, solo perché sentiva quel delizioso “feeling di fare del male”. Ah, l’istinto artistico del male.

E come in ogni thriller degno di questo nome, sette mesi dopo, davanti alla corte d’Assise, il nostro artista ha colto tutti di sorpresa ritrattando tutto quanto, probabilmente ispirato da un improvviso bisogno di cambiare registro o da una crisi mistica da colpo di scena.

Ora, aspettando la prossima puntata il 22 settembre, i giudici hanno chiamato un’esperta, la dottoressa Giuseppina Paulillo, per una perizia psichiatrica che avrà l’arduo compito di decidere se Sangare, condannato pochi giorni fa – con un tenerezza tutta legale – a soli tre anni e otto mesi per maltrattamenti verso madre e sorella, è in grado di stare in giudizio e, soprattutto, se mentre uccideva la povera Sharon Verzeni fosse capace di intendere e volere. Un interrogativo che tiene col fiato sospeso emozionati spettatori e giurie in cerca di giudizio.

Nel frattempo, l’unico vero eroe di questa storia sembra essere Sergio Ruocco, che si concentra esclusivamente sul ricordo immutabile e inscalfibile di Sharon. “Tredici anni insieme non si possono cancellare: Sharon resterà per sempre nel mio cuore e nei miei pensieri. So che lei mi aiuterà sempre, in ogni passo della mia vita, e quando arriverà anche il mio momento, so che ci ritroveremo”, ha dichiarato con la poeticità di chi ha letto troppi romanzi rosa, prima di ringraziare “tutti quelli che mi sono stati vicini in quest’anno e che mi hanno aiutato ad andare avanti”.

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