Il primo semestre del nuovo sistema di ingresso a Medicina ha segnato un dato impressionante: ben 54.313 iscritti, stando ai numeri diffusi dal ministero dell’Università. Una cifra che, secondo Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, dimostra senza appello che diventare medico continua a essere il sogno di molti. «La professione medica resta un modello di impegno e crescita sociale», commenta con un entusiasmo quasi commovente, quasi a voler sottolineare quanto sia «bello» vedere così tanti aspiranti medici decisi a intraprendere questa strada.
Naturalmente, ogni rosa ha le sue spine. Dopo questo semestre ‘filtro’, infatti, soltanto uno studente su due riuscirà ad entrare ufficialmente a Medicina. Una selezione drastica che rischia di mettere in crisi quelli che non supereranno l’ostacolo, costringendoli a ripensare alle loro ambizioni o a rimettersi in gioco con l’odioso “redde rationem” del semestre ripetuto. Insomma, una manna per lo spirito di competizione, ma un autentico rebus per molti giovani che dovranno fare i conti con ritardi e scelte di carriera alternative.
Anelli spiega candidamente che, rispetto agli anni passati, tutto ciò che prima avveniva con i test d’ingresso ora slitta avanti di sei mesi. Tuttavia, almeno, questa volta ai ragazzi è stato fornito un programma di studio chiaro e definito: chimica, fisica e biologia. Finalmente un “percorso certo” su cui prepararsi, anziché il caos dello studio generico sparso su tutte le materie possibili, ma anche un “mens sana in corpore sano” funzionale a capire chi davvero ha la stoffa del medico.
Peccato che chi fallirà la prova dovrà aspettare altri sei mesi per riprovarci o, peggio, ripetere l’intero semestre anche dopo aver superato gli esami, una genialata del sistema che ha lasciato perplesso perfino il buon Anelli. E non sarebbero in pochi coloro costretti a questa lenta odissea educativa o, in alternativa, a ripiegare su altre facoltà meno ambite ma magari più accessibili.
Malgrado tutto, Anelli non manca di sfoderare il tradizionale orgoglio che accompagna la vista di migliaia di giovani fortemente motivati all’idea di indossare il camice bianco. «Non sono intimoriti dalle difficoltà, né scoraggiati dalla crisi che affligge il nostro Servizio sanitario nazionale», sottolinea con un filo di retorica. Per questi ragazzi il camice bianco resta il simbolo sacro di valori come altruismo e dedizione, semplicemente il modo migliore per “fare del bene agli altri”.
Ecco allora che, in piena campagna propagandistica, Anelli ricorda l’immagine (quasi da spot pubblicitario) del bambino che sogna, non di diventare astronauta o star dello sport, ma medico. Un sogno poco glamour, ma secondo lui tremendamente “bello”, perché capace di rendere felici gli altri e se stessi. Non si sa se davvero questa immagine basterà a cancellare le criticità della riforma, ma almeno il quadro è chiaro: la professione medica, tra prove complicate e sedicenti “filtri”, continua a rimanere irresistibile agli occhi di migliaia di giovani, forse perché nessun altro mestiere riesce a travestire così bene la fatica da missione eroica.
A questi giovani, spinti dalla stessa passione – perché, ovviamente, non c’è niente di più originale di una carriera medicinale ispirata dalla passione – Fnomceo lancia un triplice mantra: siate curiosi, siate coraggiosi, siate consapevoli. Iniziamo dalla curiosità, che ci viene presentata come una chiave magica capace di spalancare porte su mondi meravigliosi, degni di fiabe. Peccato che dietro ogni “meraviglia” ci sia spesso solo un foglio di carta da compilare o un protocollo da rispettare.
E poi arriva il coraggio, parola che ci ribadiscono derivi da “cuore” perché se c’è una cosa di cui avrete bisogno in questa professione martoriata è proprio un cuore che batte forte… o almeno così vi dicono, tra una cartella clinica e l’altra. Il coraggio, cioè quell’eroismo quotidiano che si manifesta nel dover ammettere un fallimento, nonostante tutta la tecnologia e i progressi scientifici.
È il coraggio di comunicare a un paziente che forse, sorpresa, la medicina non è una bacchetta magica, l’immortalità non è stata ancora brevettata e, sorpresa ulteriore, la scienza non è infallibile. Una bella botta di realismo pronto a schiantarsi contro le aspettative da film di Hollywood.
Infine, la consapevolezza, vista come la missione sacra di ogni medico moderno: garantire i diritti e preservare la dignità. Una nobile causa, certo, ma rischia di suonare come la classica frase fatta, mentre tra centinaia di pazienti, turni massacranti e risorse scarse, quelle parole diventano poesia utopica.
Ah, e quel camice bianco, tanto agognato e lontano oggi, sarà la vostra seconda pelle per tutta la vita. Ma attenzione: va mantenuto immacolato, senza macchiarlo con falsi traguardi. Se non è una pressione inutile questa, cosa lo è?
Se alla fine di questo rituale motivazionale vi resta un minimo di fiato, ricordate anche di non smettere mai di sognare. A voi, giovani medici, l’arduo compito di alimentare questi sogni; a chi vi prepara si lascia la responsabilità di costruirvi un futuro a dimensione di sogno. O, almeno, così dicono.



