Wes Streeting ha deciso di scatenare l’ennesima offensiva contro i medici specializzandi proprio mentre il loro sciopero prende il via, accusando la BMA (British Medical Association) di “tenere in ostaggio il Paese”. Quando si dice stile diplomatico impeccabile.
Dal quartier generale del NHS England a Londra, dove evidentemente il gioco è osservare gli effetti del caos invece di evitarli, il ministro della Salute ha dichiarato seriamente: “Stiamo facendo tutto il possibile per minimizzare i rischi per i pazienti e il disagio.” Peccato che abbia poi ammesso candidamente che il disagio è inevitabile, perché – surprise! – non si può proprio eliminare il rischio o i disservizi.
Ha aggiunto poi che operazioni, visite e procedure sono già state cancellate, e che nei prossimi giorni ci attendono “vere sfide”. La parte migliore? “Ecco perché io e il primo ministro siamo così arrabbiati per conto dei pazienti e del personale del NHS che, poverini, si stanno sbattendo a mantenere tutto in movimento.” Tradotto: mentre i medici scioperano, qualcuno deve pulire il disastro, e quell’altruismo ci fa tanto piacere.
Il divieto di Palestine Action secondo l’ONU: un capolavoro di incoerenza
Nel mentre, l’ONU ha avuto il piacere di bacchettare il governo del Regno Unito per aver deciso di mettere al bando il gruppo Palestine Action, bollato come organizzazione terroristica. Volker Türk, il commissario alle diritti umani delle Nazioni Unite, ha definito la mossa “disproporzionata e inutile”, e ha esortato i ministri di Sua Maestà a ritirare questa brillante iniziativa.
Secondo Türk, il divieto rappresenta una “inaccettabile limitazione” ai diritti fondamentali di espressione e di manifestazione, in pieno contrasto con gli impegni internazionali che il Regno Unito ha sottoscritto. Per di più, molti di quelli coinvolti in Palestine Action “non hanno commesso alcun crimine sottostante”, ma si sono limitati a esercitare i loro diritti civili.
Il rischio reale? Un effetto deterrente così potente da far pensare due volte chiunque voglia semplicemente scendere in piazza senza farsi arrestare. E naturalmente, l’ONU chiede che vengano sospese tutte le azioni legali contro i manifestanti coinvolti – ma chissà se verranno ascoltati.
La rivoluzione del lavoro: quattro giorni invece di cinque, e caos nei consigli locali
In un altro episodio da “ecco come sconvolgere il sistema”, decine di consigli locali nel Regno Unito stanno diventando il bersaglio di attivisti che spingono per una settimana lavorativa di quattro giorni. E indovinate un po’? South Cambridgeshire è diventato il primo consiglio a dire di sì, votando per adottare il modello quattro giorni su cinque in modo permanente. Perché accontentarsi di una rivoluzione seria quando puoi fare il primo passo, e poi aspettare che la cosa esploda?
Il consiglio guidato dai Liberal Democrats ha spiegato che un’analisi indipendente ha mostrato come “la maggior parte dei servizi è migliorata o quantomeno non è peggiorata” e che si sono visti “notevoli progressi” nel reclutamento e nella ritenzione del personale. Sarà mica una delle mirabolanti scoperte delle utopie lavorative? Solo il tempo lo dirà.
I promotori hanno anche stilato una lista di almeno 24 consigli pronti – o quasi – a seguirne l’esempio, sicuri che presto assisteremo a una pioggia di annunci simili. D’altronde, come ignorare che sempre più aziende del settore privato hanno a loro volta abbracciato la settimana corta, mantenendo ovviamente lo stesso stipendio? E tutto questo dopo trasferimenti, esperimenti e cacce al tesoro per capire se funziona realmente. A quanto pare, funziona.
Non è un segreto che il futuro del lavoro stia cambiando, forse troppo rapidamente per chi ama la routine. Già a febbraio 2023 più di 50 aziende hanno dimostrato che un modello di quattro giorni può reggere. Non resta che vedere come tutto si svilupperà, e se la nuova normalità è davvero così rosea come viene sbandierata.
Il Fondo Monetario Internazionale bussa alla porta di Rachel Reeves
E mentre il circo delle lotte sindacali, dei divieti controversi e delle settimane lavorative rivoluzionarie infuria, il Fondo Monetario Internazionale (FMI) entra in scena con la sua inconfondibile aria di saputello burlone. L’avvertimento? Il governo del Regno Unito rischia di perdere la rotta nel tentativo di rimettere a posto i conti pubblici, e la signora Rachel Reeves dovrebbe darsi più margine – si sa, tirare un po’ tirando la cinghia rischia di essere controproducente.
Naturalmente, il modo per ottenere questo spazio in più è chiaro: più tasse o più spese. Perché la ricetta magica per la stabilità economica è sempre quella, no? Dare una mano a una finanza pubblica traballante, un pochettino alla volta, a costo di arrabbiare tutti.



