Non c’è tregua per il mercato auto europeo, travolto da una crisi che sembra non voler finire. Il leggendario colosso tedesco Volkswagen, simbolo di un’industria in grande affanno, ha appena annunciato un drastico calo del suo utile netto nel secondo trimestre, colpa principale di un’improvvisa impennata dei dazi doganali americani entrati in vigore ad aprile.
Il gruppo, che gonfia il petto vantando ben dieci marchi tra cui VW, Skoda e Porsche, ha mostrato infatti un utile schiantato a 2,3 miliardi di euro, pari a un ridimensionamento del 36,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Una caduta che ha costretto la dirigenza a rivedere al ribasso le stime per il 2025, ora fissate con un margine operativo sulle vendite che oscillerà tra il 4 e il 5%, ben lontano dal precedente deciso ottimismo che fissava l’asticella tra il 5,5 e il 6,5%.
D’altronde, chi poteva immaginare che una politica commerciale a base di dazi improvvisi e guerre tariffarie potesse ravvivare le vendite? Nel frattempo, il marchio tedesco si trova a navigare in un mare tempestoso, con un mercato europeo che continua a far registrare vendite sotto tono e una concorrenza globale sempre più spietata, soprattutto da parte dei produttori asiatici di veicoli elettrici.
In un contesto in cui la sostenibilità sembra l’ultima trovata di marketing e le batterie elettriche diventano la nuova ossessione, Volkswagen deve fare i conti con costi di produzione crescenti, normative ambientali stringenti e una clientela più esigente e meno disposta a spendere. L’effetto combinato? Un cocktail amaro che fa scivolare perfino un gigante dell’automotive nella spirale della crisi.
Il messaggio è chiaro: per chi pensava che il Covid fosse stato l’ultima tempesta da affrontare, ecco arrivare la nuova ondata di problemi… e stavolta niente vaccino, solo qualche taglio netto e qualche previsione che si ridimensiona.



