Il progetto, con una bella cifra di 25,8 milioni di euro (sì, milioni, mica bruscolini), è parte del glorioso Programma Nazionale Metro Plus 2021-2027. Un nome pomposo per dire che finalmente si prova a ridare un po’ di dignità a circa tre chilometri di corso Palermo, quel lembo di terra che collega Aurora a Barriera, noto soprattutto per l’assenza di qualsiasi spiraglio di vivibilità e sicurezza, finora.
Nel dettaglio, cosa otterremo? Un percorso ciclabile — perché le bici sono oggi la panacea di tutti i mali urbani —, 400 alberi piantati (per la gioia di chi ama respirare un po’ di ossigeno), spazi urbani “più verdi e vivibili” (indiscutibile, vista la situazione attuale), più illuminazione (così da sentirsi finalmente meno come in un episodio di “Stranger Things”) e persino un grande graffito urbano, immancabile tocco hipster per dire “guardate quanto siamo moderni”.
Ah, e non mancano i locali dismessi da recuperare, che fino a ieri erano il simbolo del degrado. E, dulcis in fundo, una “partecipazione attiva” dei residenti, soprattutto adolescenti e giovani, perché nulla è più efficace per rigenerare un quartiere del farli sentire protagonisti. Un progetto davvero inclusivo, tanto bello da leggere su carta quanto difficile da mettere in pratica, ma si sa, l’ottimismo non ha mai fatto male a nessuno (o almeno lo speriamo).
Stefano Lo Russo, il sindaco di Torino, ha così spiegato il miracolo:
“Siamo convinti che la riqualificazione e la rigenerazione urbana siano elementi imprescindibili non solo per rendere un luogo più funzionale e più bello, ma anche per migliorarne la sicurezza. Da decenni Aurora e Barriera di Milano non vedevano investimenti strutturali. Oggi cominciamo ad invertire la rotta, con un progetto ambizioso di trasformazione dello spazio pubblico e con azioni di ascolto e coinvolgimento attivo dei tantissimi giovani che vivono in questo territorio e che ne rappresentano il futuro.”
Ah, pensavamo tutti che ‘bello ma insicuro’ fosse uno stato permanente, ma evidentemente ci sbagliavamo. Quando un politico parla di “invertire la rotta” si dovrebbe sempre alzare un sopracciglio a mo’ di scetticismo; qui è d’obbligo. Perché, se da 30 anni nessuno ha mosso un dito, è un’impresa titanica riuscire a credere che in poco tempo tutto cambierà, grazie a qualche alberello in più e un po’ di luci.
E si badi bene: non è solo un fatto estetico! La lavata di faccia includerà “azioni dedicate ai giovani,” che di solito significa gruppi di discussione, qualche laboratorio e tante promesse “di ascolto” a non finire. Perché niente affascina di più i giovani d’oggi di una buona dose di parole, accompagnate però da zero risultati concreti.
Comunque, il sindaco ha anche sottolineato che, nonostante i problemi “e le fragilità non manchino”, i quartieri hanno “un forte senso di comunità e tante realtà positive”. Insomma, un’immagine a tinte fosche, ma che non rinuncia al solito finalino zuccheroso alla Disney, giusto per rassicurare tutti e per garantire che Torino cresce solo se cresce tutta insieme. Come dire: non buttate la spugna, basta avere fede nel masterplan.
In conclusione, il progetto “Aurora Barriera” promette di trasformare spazi abbandonati in oasi di civiltà e sicurezza. Ci vorranno però più di 400 alberi e un graffito artistico per cancellare decenni di abbandono e disagio. Ma si sa, la verità è che le grandi rivoluzioni urbane iniziano sempre con uno splash di colore e un bicicletta ben oliata. E magari, stavolta, qualcuno si accorge che anche oltre alle belle parole c’è bisogno di fatti.
Per la stesura del documento finale, hanno chiamato in causa lo studio Carlo Ratti Associati, una scelta che suona come un tentativo di conferire una patina di prestigio a un lavoro che, sperano, non venga stravolto dalla dura realtà. Accanto a loro, la cooperativa Liberitutti, ovviamente incaricata di “accompagnare” e “coinvolgere” il territorio, quei termini vaghi e rassicuranti che di solito significano: facciamo un po’ finta che conti tutto il mondo intorno.
Ma non finisce qui: visto che giocare in solitaria è troppo semplice, nel team hanno aggiunto la chicca delle agenzie West8 per la parte paesaggistica — perché senza un po’ di verde e qualche albero ben piazzato, come si fa a chiamare “progetto” una semplice riorganizzazione? E, ovviamente, Mic per la mobilità, che tanto senza traffico e ingorghi la città non è la stessa cosa, no?
Nel marzo di quest’anno, con grande trasparenza e un pizzico di facciata democratica, hanno organizzato dei focus group sul territorio. Grandi momenti di dialogo in cui i cittadini potevano liberamente esprimere idee e suggerimenti — una trovata tanto elegante quanto verso l’inutile, visto che la maggior parte di quelle “ispirazioni” è stata, ovviamente, accantonata dove non si potesse incastrare convenientemente nel già complesso puzzle delle decisioni preconfezionate.
Insomma, un’operazione dall’aria partecipativa, ma con l’inconfondibile sapore di un processo già scritto dove “coinvolgimento” significa più ascolto passivo che reale integrazione, e “pianificazione” è solo il termine elegante per descrivere un’impalcatura di interessi e burocrazia, così grande da far invidia a certi labirinti mitologici.



