Ex ministro novantenne beccato con le mani nella marmellata: cinque anni di scuola farsa a suon di condanna

Ex ministro novantenne beccato con le mani nella marmellata: cinque anni di scuola farsa a suon di condanna
Link Campus University, sede di un’inchiesta dal sapore tragicomico, dove esami facili e lauree regalate sembrano essere la norma, o almeno lo erano fino a ieri. Il tribunale di Firenze ha fatto giustizia condannando un cast di ben sette imputati, tra cui spicca il fondatore dell’università privata e vecchia gloria della politica italiana, l’ex ministro dell’Interno e politico DC, Vincenzo Scotti, alla rispettabilissima età di 92 anni. Cinque anni e sei mesi la sua sentenza, seguita a ruota da figure di spicco dell’ateneo come l’ex rettore Claudio Roveda e il direttore generale Pasquale Russo. Per non far mancare nulla al circo, troviamo pure il vicepresidente del consiglio della scuola, Stefano Mustica, con cinque anni e due mesi di pena, e magie giudiziarie che toccano anche il segretario nazionale del Siulp, Felice Romano, plus due Pisaniello (Alessandro e Andrea), che si portano a casa pene da due anni e due mesi e tre anni e uno rispettivamente.

E, come se non bastasse, per Scotti, Russo e Roveda arriva anche la ciliegina sulla torta: cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, così per perdere un po’ di tempo a casa. Per fortuna, il processo ha risparmiato due anime innocenti, Carlo Cotticelli e Luca Fattorini, assolti dalla pesante accusa di falso. Giustizia è fatta, quindi. O quasi.

L’inchiesta, partita in sordina nel 2019, ha svelato un intricato sistema degno dei migliori film noir: un complotto per garantire scorciatoie da laurea veloci e indolori. In pratica, esami sostenuti lontano dalle sedi ufficiali, con verbalizzazioni create ad arte dai professori a posteriori, e copie spudorate dal web a farla da padrone. Secondo l’accusa, questa “magia” accademica ha forgiato laureati freschi freschi di “Scienze della politica e relazioni internazionali” – quel corso di studi dalla dubbia serietà targato Link Campus. E come ciliegina al veleno, la maggior parte degli studenti erano agenti di polizia: sì, proprio così, perché il Siulp avrebbe tranquillamente convogliato i poliziotti della questura di Firenze verso questa università, grazie a una comoda convenzione tra l’ateneo e la Fondazione Sicurezza e Libertà, guidata niente meno che da Felice Romano, il segretario nazionale del sindacato stesso.

Perché, si sa, tra colletti blu della legge e lauree facili è sempre una bella storia di amicizia e interessi incrociati. Non sorprende poi che, a maggio, la corte d’appello di Firenze abbia deciso di “confermare” alcune assoluzioni e proscioglimenti, così, per tenere un minimo di suspense. Insomma, la macchina della giustizia italiana in tutto il suo splendore: colpevoli, innocenti salvati, e un sistema che miracolosamente funziona sempre come deve… o forse no.

Link Campus University di Roma, sembra una volta di più che la giustizia abbia deciso di prendersi una pausa. Precisamente per 69 fortunatissimi individui, l’accusa di falso è finita a farsi un giro altrove. La procura di Firenze, evidentemente poco convinta dalla prima sentenza, aveva deciso di insistere, chiedendo niente di meno che la condanna per sette imputati e il rinvio a giudizio per tutti gli altri. Ma, sorpresa sorpresa, i giudici hanno bocciato il tutto con un secco rigetto del ricorso.

Immagino il risparmio di tempo che si farà chi si occupa di questa faccenda, ormai pronti a dedicarsi ad altri misteri universitari. Forse la prossima volta si punterà su qualcosa di realmente scottante, oppure si continuerà a girare intorno alle solite accuse, tanto per non sembrare troppo benevoli.

Chissà se questo episodio contribuirà a migliorare l’immagine dell’ateneo privato, o se invece sarà semplicemente l’ennesima prova che nel mondo accademico-giudiziario italiano si naviga a vista, tra appelli, ricorsi e verdetti che sembrano usciti da un manuale di dietrologie.

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